Non è un paese per le bisessuali




L'articolo [1] commenta ferocemente l'articolo [2]: una donna, violentata da sei uomini nel 2008, non è stata creduta e gli imputati sono stati assolti, in quanto i giudici non hanno ritenuto che l'evento fosse accaduto contro la volontà della vittima.

I due articoli di giornale censurano ferocemente il ragionamento dei giudici - ed il solo fatto che la vittima fosse ubriaca avrebbe dovuto a mio avviso motivare la condanna: quando si fa sesso non ci si deve accontentare del non rifiuto, si deve pretendere un consenso esplicito e valido, dall'inizio alla fine.

Purtroppo, si scrive "patriarcato" e si legge "cultura dello stupro". La sentenza è ulteriormente censurabile perché ha ritenuto la vita sessuale della vittima motivo per toglierle credibilità - e pare che l'aver ella avuto relazioni sia eterosessuali che omosessuali abbia pesato parecchio.

Siamo di fronte a ciò di cui si lamenta [0]: una statistica americana citata anche da un rapporto della Casa Bianca afferma che il 46% delle donne bisessuali afferma di essere stata stuprata - solo il 17% delle etero afferma altrettanto.

Poiché purtroppo le persone di status sociale inferiore, e già emarginate, sono più riluttanti ad ammettere di essere state vittime di stupro ed a denunciare l'accaduto, si teme che la situazione per le bisessuali in particolare, e per le persone LGBTQIA+, sia ancora più grave.

Nel caso delle donne bisessuali, purtroppo fa parecchio danno lo stereotipo secondo cui esse siano la lussuria personificata - non è assolutamente vero, e non è che più persone si possono trovare attraenti, maggiore è il desiderio sessuale.

Ed in ogni caso, ogni persona ha il diritto di scegliere, e per avere rapporti sessuali con lei occorre il suo positivo consenso - la sentenza invece sembra essersi accontentata del non aver ella resistito in modo convincente (ubriaca, contro sei ubriachi - vorrei vedere come resistere in quella situazione: nemmeno Rambo se la sarebbe cavata).

Raffaele Yona Ladu

Un gesuita americano consiglia i vescovi cattolici americani




Francis DeBernardo, cattolico americano autore del blog LGBT New Ways Ministry, attira in [0] l'attenzione sull'articolo [1], in cui il gesuita americano Thomas Reese, curatore della rubrica "Faith and Justice = Fede e Giustizia" del National Catholic Reporter dà dei consigli che a DeBernardo ed a me appaiono assai sensati; l'articolo è pieno di link, di cui [3] è il più importante, in quanto spiega la differenza tra cooperazione materiale e cooperazione formale in un peccato - e rammenta che agire sotto costrizione rende moralmente irresponsabili.

Prima di tradurre l'articolo [1], riassumo il punto importante in [2]: per spiegare la differenza tra coooperazione materiale e cooperazione formale si fa di solito l'esempio del padrone sposato che ordina al suo schiavo di portare una lettera alla sua amante.

Eseguire l'ordine rende lo schiavo materialmente complice dell'adulterio del suo padrone, ma, finché egli disapprova l'azione di questi (se l'approvasse, cadrebbe nella cooperazione formale), e la sua complicità non è indispensabile perché venga compiuta, la sua colpa viene notevolmente diminuita. Poiché inoltre lo schiavo sa che verrebbe punito se disubbidisse, agisce sotto costrizione, e questo riduce ulteriormente la colpa.

Quest'argomento (in italiano viene approfondito qui) P. Thomas Reese SJ lo applica a tutte le persone cattoliche che si trovino coinvolte in un matrimonio same-sex: il fotografo può scattare le foto, il pasticcere può preparare la torta, l'impiegato può curare le pubblicazioni, il giudice celebrare le nozze. Nessuno di loro commette peccato perché la loro è tuttalpiù cooperazione materiale e, se si rifiutassero, sarebbero passibili di denuncia per discriminazione od omissione di atti d'ufficio.

Non è un caso di scuola: come osserva lo stesso P. Reese SJ, le istituzioni cattoliche italiane pagano i contributi al SSN per i loro dipendenti, pur sapendo che una parte di quei contributi finanzia pratiche contraccettive od abortive. Ma nessun amministratore si sente per questo con la coscienza sporca: la sua è tuttalpiù cooperazione materiale, e se non pagasse, ci penserebbe Equitalia a riscuotere il dovuto.

Come ebreo non trovo niente di male in quello che inquieta P. Reese SJ, ma i suoi argomenti aiutano a mettere le cose in prospettiva. Ora traduco l'articolo [1], con quest'avvertenza: ho preferito ricopiare l'espressione "same-sex" anziché tradurla con "omosessuale", per rendere evidente che non sono solo gli omosessuali a contrarre un matrimonio di questo tipo - lo fanno anche i bisessuali.

Come dovrebbero reagire i vescovi alla decisione sul matrimonio same-sex

di Thomas Reese - 2 Luglio 2015

Con la decisione della Corte Suprema USA che legalizza il matrimonio gay in tutti gli Stati Uniti, i vescovi cattolici degli USA hanno bisogno di una nuova strategia che funzioni. La lotta dei vescovi contro il matrimonio gay è stata uno spreco di tempo e di denaro. I vescovi dovrebbero scegliere un nuovo insieme di priorità ed una nuova squadra di avvocati.

Alcuni oppositori del matrimonio gay stanno proponendo la disubbidienza civile, suggerendo ai funzionari pubblici di ignorare la decisione e non eseguire matrimoni same-sex. Altri propongono un emendamento costituzionale che rovesci la decisione. Molti hanno sostenuto che la decisione della Corte non chiuderà la questione più di quanto Roe v. Wade abbia chiuso il dibattito sull'aborto.

Per prima cosa, chiariamo quello che non fa la decisione. Non chiede a dei ministri del culto di celebrare matrimoni same-sex, né vieta loro di parlare contro il matrimonio gay. Questi diritti sono protetti dal Primo Emendamento. La corte ha inoltre chiarito che una chiesa ha piena libertà di assumere e dimettere i suoi ministri per qualsiasi motivo.

La condizione giuridica del matrimonio gay è simile a quella del risposarsi dopo un divorzio. Il divorzio e le nuove nozze sono legali in ogni stato dell'unione, ma se una chiesa è contro le nuove nozze dopo un divorzio, i suoi ministri non sono tenuti a celebrarle, ed i suoi predicatori possono continuare ad attaccare il divorzio dal pulpito. Se un ministro del culto divorzia, la sua chiesa può licenziare lui o lei.

L'analogia col divorzio è valida. I vescovi farebbere bene a controllare quello che hanno fatto i loro predecessori che si sono opposti alla legalizzazione del divorzio, ma hanno perso. Alla fine, questi vescovi hanno accettato il divorzio come la legge dello stato, senza però permettere nuove nozze nelle loro chiese, se non precedute da un annullamento.

Ora, è raro che le istituzioni cattoliche licenzino delle persone quando divorziano e si risposano. Le istituzioni ecclesiastiche danno lavoro a persone divorziate e risposate, ed i loro coniugi ricevono i benefici matrimoniali. Nessuno ne viene scandalizzato. Nessuno pensa che dare i benefici matrimoniali ad una coppia risposata equivalga all'approvazione del loro stile di vita da parte della chiesa.

Se i vescovi del passato hanno potuto infine accettare il divorzio civile come legge dello stato, perché l'attuale leva dei vescovi non può fare lo stesso con il matrimonio gay? Data tutta la pubblicità sull'opposizione della chiesa al matrimonio gay, nessuno penserebbe che lo stia approvando.

È ora che i vescovi ammettano la sconfitta e vadano avanti. Il matrimonio gay è qui per restare, e non è la fine della civiltà come la concepiamo.

Quelli che confrontano Obergefell v. Hodges con Roe v. Wade non hanno guardato i sondaggi. La popolazione americana è rimasta polarizzata sull'aborto per decenni, ma il sostegno al matrimonio gay non ha fatto che salire. Non c'è alcuna possibilità di un emendamento costituzionale che rovesci la decisione. Il matrimonio gay non è una questione di vita o di morte. Potrebbe essere un problema nelle primarie repubblicane di quest'anno, ma non per la popolazione nel suo insieme.

Ora che il matrimonio gay è legge dello stato, i vescovi temono che la prossima lotta sarà sulla libertà religiosa delle persone che hanno delle obiezioni verso il matrimonio gay.

Siamo chiari e limpidi. Nella morale cattolica, non c'è nulla che vieti ad un giudice o ad un impiegato cattolico di celebrare un matrimonio same-sex. Né c'è obbligo morale alcuno per un uomo o donna d'affari cattolica di rifiutarsi di fornire i fiori, il cibo, lo spazio, ed altri servizi ad un matrimonio same-sex. A causa di tutte le controversie su queste questioni nei media, i vescovi devono essere inequivocabili nel chiarire che questi non sono problemi morali per i funzionari pubblici cattolici, o per gli uomini e le donne d'affari cattoliche.

Infatti, i giudici cattolici hanno celebrato matrimoni per tutti coloro che li hanno richiesti, compresi i cattolici che si stavano sposando ad onta dell'insegnamento della chiesa. Uomini e donne d'affari cattoliche hanno fornito i loro servizi ad ogni festa nuziale, anche a quelle dei cattolici divorziati che si sono sposati fuori dalla chiesa. Allo stesso modo, non c'è problema morale perché loro non facciano lo stesso con le coppie gay.

La chiesa ha un insegnamento morale sofisticato che comprende la distinzione tra cooperazione formale e materiale, e l'eliminazione della responsabilità morale quando una persona agisce sotto costrizione.

Per altri credenti, questi potrebbero costituire problemi morali, ma non per i cattolici. A causa di tutta la retorica su queste questioni, i vescovi debbono chiarirlo ai cattolici scrupolosi.

Leggi antidiscriminazione


Attualmente, non c'è alcuna legge federale che vieti le discriminazioni contro i gay nell'impiego o nell'alloggio, ma sempre più stati stanno promulgandola. Non si metteranno i vescovi a combattere la promulgazione di queste leggi per paura del loro impatto sulle istituzioni cattoliche?

La strategia migliore per i vescovi USA è imitare la chiesa mormone, che ha cooperato con gli attivisti gay sull'applicazione delle leggi contro la discriminazione nell'impiego e nell'alloggio nello Utah. In cambio dell'appoggio della chiesa, la comunità gay ha accettato volentieri delle eccezini per i Boy Scout e delle istituzioni mormoni come l'Università Brigham Young. John Wester, ora arcivescovo di Santa Fe, New Mexico, appoggiò questa legge quando era vescovo di Salt Lake City.

In alcuni stati potrebbe essere troppo tardi per trattare un simile accordo perché gli attivisti gay hanno già i voti che servono loro, ma in altri stati il sostegno della chiesa potrebbe fare la differenza nel far passare una legislazione antidiscriminatoria. In ogni caso, chiarire che la chiesa si oppone alle discriminazioni contro le persone gay potrebbe aiutare a ricucire le aspre divisioni tra la chiesa ed i sostenitori dei diritti dei gay.

Si potrebbe fare appello ai pragmatici tra i gay che riconoscono che sarebbe politicamente efficace per loro dar prova di generosità vincendo. Attaccare le chiese potrebbe far loro perdere il sostegno per i loro obbiettivi primari. Alcune piccole esenzioni sono un piccolo prezzo da pagare per ottenere i loro obbiettivi principali.

Non c'è dubbio che i problemi di libertà religiosa sorgeranno in futuro o a causa di leggi antidiscriminazione, oppure di condizioni apposte a finanziamenti governativi.

Per esempio, collegi ed università cattoliche che forniscono alloggi a coppie sposate senza dubbio riceveranno richieste di alloggio da parte di coppie same-sex. A meno che le scuole non riescono a convincere gli stati a ritagliar loro un'eccezione nelle leggi antidiscriminazione, loro potrebbero essere obbligate a dare quest'alloggio.

Però, dacché esse forniscono alloggio a coppie illecitamente sposate secondo la chiesa, nessuno vedrebbe quest'alloggio come l'approvazione dello stile di vita di qualcuno. E, dato tutto il sesso che si fa nei collegi e nelle università cattoliche, alloggiare alcune persone gay che si sono permanentemente impegnate l'una  per l'altra in matrimonio non dovrebbe essere considerato un grande scandalo.

Un secondo problema sarà il fornire i benefici coniugali ai dipendenti gay nelle istituzioni cattoliche, specialmente università ed ospedali. Di nuovo, queste istituzioni danno già tali benefici ai dipendenti divorziati e risposati. Nessuno se ne scandalizza. Il fatto che la chiesa consideri l'assistenza sanitaria un diritto dovrebbe essere il fattore decisivo, non il genere del coniuge.

Infine, il problema più controverso da affrontare è quello dei figli delle coppie same-sex. Fortunatamente, è chiaro che questi figli dovrebbero essere battezzati ed accolti nelle scuole cattoliche.

Ma delle agenzie di adozione cattoliche hanno perso i loro finanziamenti governativi perché si rifiutavano di collocare i bimbi in coppie same-sex, anche se sono disposte a passare queste coppie ad altre agenzie. Ironicamente, queste agenzie collocavano in passato dei bimbi presso dei gay non sposati, seguendo una politica del "don't ask, don't tell = io non te lo chiedo, tu non me lo dire" su chi poteva vivere con loro. I vescovi si sono opposti solo alle persone gay sposate.

Gli esponenti della chiesa, compreso il papa, hanno sostenuto che ogni bambino merita di avere una madre ed un padre, lasciando intendere che senza madre e padre, il bimbo ne avrebbe in qualche modo sofferto. Quest'affermazione è problematica per più motivi.

Innanzitutto, suscita dubbi sui milioni di genitori soli che stanno eroicamente allevando i loro figli senza l'aiuto di un coniuge.

Secondo, ha una visione ristretta della famiglia. La chiesa ha tradizionalmente riconosciuto l'importanza degli zii, delle zie, dei nonni nell'allevare i figli. Ci saranno altri sessi nella famiglia estesa di questi bambini.

Terzo, spesso le coppie same-sex adottano figli che nessun altro vuole. Starebbero meglio questi bambini in affidamento o negli orfanotrofi?

Infine, non c'è prova che i figli delle coppie same-sex soffrano a causa della loro educazione. Lo studio originale che sosteneva che i figli allevati da coppie same-sex non erano altrettanto validi di quelli allevati da coppie eterosessuali è stato confutato.

L'American Sociological Association, in un "amicus brief" del 2013 che si opponeva al Defense of Marriage Act, disse: "L'affermazione che dei genitori same-sex producano dei risultati meno positivi sui figli dei genitori di sesso opposto - o perché tali famiglie siano prive di una coppia di genitori maschio e femmina, o perché i due genitori non sono entrambi i genitori biologici dei figli - contraddice un'abbondanza di ricerche sociologiche".

Semmai, "il benessere dei figli è il prodotto della stabilità nella relazione tra i due genitori, la stabilità nella relazione tra i genitori ed il bimbo, e maggiori risorse socioeconomiche genitoriali".

L'American Academy of Pediatrics concordava e sosteneva il matrimonio same-sex perché il matrimonio forniva la stabilità nelle loro vite di cui avevano bisogno i bambini.
Molti studi hanno dimostrato che il benessere dei figli è molto più influenzato dai loro rapporti con i loro genitori, dal senso di competenza e sicurezza dei loro genitori, e dalla presenza di sostegno economico e sociale per la famiglia che dal genere o dall'orientamento essuale dei loro genitori. L'impossibilità di sposarsi per le coppie same-gender aumenta lo stress familiare, che nuoce alla salute ed al benessere di tutti i membri della famiglia. Poiché il matrimonio rafforza i legami familiari e, così facendo, giova allo sviluppo dei figli, i figli non devono essere privati dell'opportunità per i loro genitori di sposarsi.
Proprio come Papa Francesco si è basata sul consenso scientifico quando trattava dell'ambiente, la chiesa dovrebbe anche consultare il meglio delle scienze sociali prima di fare affermazioni di ampia portata sui figli e sulle famiglie.

È ora che i vescovi americani si impernino sulle priorità di politica pubblica articolata da Papa Francesco: la cura dei poveri e dell'ambiente, e la promozione della pace e dell'armonia interreligiosa. La loro opposizione fanatica alla legalizzazione del matrimonio gay ha fatto sì che i giovani vedessero la chiesa come un'istituzione bigotta con cui non vogliono avere niente a che fare. Come pastori, dovrebbero parlare di più della compassione e dell'amore di Dio, che tentare di regolare con la legge il comportamento sessuale delle persone.

Di P. Thomas Reese SJ
Tradotto da Raffaele Yona Ladu