Tra Dolce & Gabbana ed Elton John

[1] Dolce e Gabbana e la famiglia tradizionale: le reazioni

[2] Celebrities Join Elton John in Dolce & Gabbana Boycott

[3] Indigenous Peoples and Boarding Schools: A comparative study

Non sono un appassionato di celebrità, soprattutto maschili, quindi mi sono accontentato di seguire la polemica tra Dolce & Gabbana, ed Elton John ed altri esponenti del mondo dello spettacolo guardando i link [1] e [2].

Chi difende gli stilisti milanesi dice che loro hanno semplicemente espresso la loro opinione; io devo dare invece ragione ad Elton John, che si è sentito personalmente offeso e chiamato in causa da Dolce & Gabbana, in quanto uno di essi, Domenico Dolce, ha dichiarato, almeno così riferisce [1]:
Tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono i figli della chimica, i bambini sintetici, uteri in affitto, semi scelti da un catalogo.
ed ha poi aggiunto:
Sono gay, non posso avere un figlio. La vita ha un suo percorso naturale, ci sono cose che non vanno modificate. E una di queste è la famiglia.
Elton John ha tratto la conclusione che le parole di Dolce significavano che lui era un uomo snaturato, ed ha reagito come qualsiasi genitore di cui si mettano in dubbio l'amore per i figli e le capacità educative.

In Instagram così ha scritto, secondo [2]:
“How dare you refer to my beautiful children as 'synthetic'? (...) I shall never wear Dolce and Gabbana ever again. #BoycottDolceGabbana.”
In italiano:
"Come osate dire che i miei bei bimbi sono 'sintetici'? (...) Non indosserò mai più Dolce e Gabbana. #BoycottDolceGabbana."
La reazione di Elton John ricorda molto da vicino quella di mia madre: mio padre morì quando io avevo quasi sette anni e mio fratello meno di cinque; lei si trovò sola, con la seconda elementare, il riscatto della casa popolare da pagare, due figli da mantenere, nessun lavoro, ed i suoi parenti in Sardegna oppure emigrati all'estero, mentre noi abitavamo a Bassano del Grappa (Vicenza).

Mio padre era un militare di carriera, ed il comandante della caserma pensò bene di proporre a mia madre di mandare i suoi figli in un collegio militare, a spese dello stato.

Mia madre però reagì malissimo, perché quello che per il colonnello era un concreto aiuto alla vedova ed agli orfani di un militare morto per causa di servizio, per mia madre era insinuare che lei non era capace di allevare i figli.

Il colonnello dovette trovare un'altra soluzione - per fortuna il Ministero della Difesa offriva un'ampia gamma di scelte, e mia madre poté approfittarne per essere efficacemente aiutata.

Qualche volta mi sono chiesto se in collegio avrei potuto avere un'educazione migliore, ma, come aveva previsto mia nonna (che a mia madre diceva da piccola: "Asa a essere mamma = Sarai madre [anche tu]"), ora che sono genitore (ho sposato una donna con due figlie), devo dire che il benessere dei figli non passa per la svalutazione dei loro genitori (errore di molti pedagoghi improvvisati ed interessati - ne riparlo più avanti), e difendo mia madre dicendo che lei non poteva negare la propria dignità accettando una proposta che equivaleva ad un'abdicazione ai propri doveri di madre per manifesta incapacità.

Domenico Dolce ha già compiuto quest'abdicazione, non impedirà a nessuno di richiederla ad altri, ed anzi pretende che tutte le persone che non compongono una famiglia come piace a lui la facciano.

E come avrebbe dovuto reagire Sir Elton John ad una cosa del genere? Lui non è soltanto genitore, è anche Commendatore dell'Ordine dell'Impero Britannico, ovvero ha ricevuto un titolo nobiliare (non ereditario) dalla regina di un paese la cui legislazione non contempla solo il matrimonio egualitario, ma pure la fecondazione in vitro a profitto delle coppie omosessuali, e l'adozione per le medesime.

Lui non ha difeso solo la propria genitorialità, ma anche le leggi del paese di cui è al servizio, non solo come cittadino, ma anche come nobiluomo, ed alle quali ha diligentemente obbedito facendosi una famiglia. Dolce & Gabbana, che hanno una clientela internazionale, avrebbero dovuto rendersene conto in anticipo.

Tra l'altro, lo scopo di queste polemiche sull'omogenitorialità è evidente a chiunque abbia la pazienza di leggersi [3], un documento preparato per le Nazioni Unite che spiega che cosa accadde nei paesi in cui i colonizzatori o dominatori hanno voluto mettere i figli dei dominati in collegio.

Negli USA, in Canada, Australia e Nuova Zelanda, lo scopo esplicito di questa manovra era quello di impedire ai bambini di essere educati dai loro genitori, in quanto avrebbero trasmesso loro quelle che i dominatori ritenevano superstizioni e fandonie - si vollero distruggere delle civiltà senza uccidere le persone.

È evidente la contraddizione di chi non trova niente di strano che un vedovo od una vedova allevino i propri figli, magari con l'aiuto di un fratello od una sorella rispettivamente, ma si indigna se una coppia di due uomini o due donne li alleva dalla nascita alla raggiunta autonomia.

La contraddizione si spiega soltanto se quello che preoccupa gli interessati difensori del benessere dei bambini non è la composizione della famiglia, ma l'ideologia che la sottende: se un sostenitore della famiglia come piace agli omofobi rimane vedovo, e si fa aiutare da suo fratello a tirare su i figli, si tratta di un incidente di percorso di cui lui non è responsabile; se un bambino viene allevato da due madri, questa è una scelta deliberata che le due donne devono pagare.

Si torna ai disastri americano, canadese, australiano, neozelandese, in cui furono portati via i bambini ai genitori che avevano una cultura diversa, e magari professavano una religione diversa da quella cristiana.

Tutte le polemiche sull'omogenitorialità hanno lo scopo di etichettare le persone LGBT come persone di inferiore qualità, non semplicemente come cattivi genitori. Ed un semplice test per l'omofobia è verificare se una persona trova eroico il comportamento di mia madre (eterosessuale ed eteronormativa) e nel contempo disapprova la reazione di Elton John (bisessuale nella biografia, gay nell'identità).

Raffaele Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale