Gran Veglione di Capodanno Info e prenotazioni: 345 7153230

Gran Veglione di Capodanno al MILK LGBT CENTER di Verona.
RED SYLVESTER - Capodanno in rosso. 
Con buffet, musica e premiazione del miglior look "color rosso" della serata.

 Info e prenotazioni:
 345 7153230 oppure via e-mail: lieviti@outlook.com - 
Giovedì 31 Dicembre

Il manifesto del Treviso Pride 2016

Riproduciamo il manifesto del Treviso Pride 2016 (che riguarda tutto il Triveneto, cioè tre regioni italiane con oltre 7 milioni di abitanti in tutto); riteniamo opportuno osservare che la menzione della bifobia in più punti del manifesto, la definizione dei bisessuali come persone che possono essere attratte da più di un sesso e/o genere (una sintesi della famosa definizione di Robyn Ochs), e la menzione degli asessuali, è merito nostro.

Non si è potuto convincere il comitato a sostenere il poliamore. Pazienza.

Raffaele Yona Ladu

(inizio)

Viviamo in un Paese che non prevede un’aggravante per i reati fondati sull’omofobia e la transfobia e che non riconosce la piena parità diritti alle coppie omosessuali e alle famiglie omogenitoriali. Non sorprende dunque che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo abbia stabilito che l’Italia viola l’art. 8 della CEDU sul diritto al rispetto della propria vita privata e familiare “perché la tutela legale attualmente disponibile per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile”.

Nel 2012 il Consiglio Regionale del Veneto approvava all’unanimità una mozione (la n. 8) “per la prevenzione e la lotta ad ogni forma di discriminazione legata all’orientamento sessuale e alla identità di genere”. Con tale atto di indirizzo politico impegnava la Giunta regionale a promuovere, anche in coordinamento con le associazioni e gli organismi operanti nel settore, iniziative destinate a sensibilizzare l’opinione pubblica verso la cultura delle differenze, la prevenzione e la condanna degli atteggiamenti e dei comportamenti di natura omofobica e transfobica, nonché a sostenere progetti, in collaborazione con gli organismi istituzionali di competenza, per lo sviluppo di iniziative dedicate alla lotta contro le discriminazioni e alla prevenzione degli atteggiamenti e dei comportamenti di natura discriminatoria, per eliminare stereotipi, pregiudizi e violenza. Due anni dopo, lo stesso Consiglio Regionale approvava la mozione n.270, con cui impegnava la Giunta ad individuare una data per la celebrazione della “Festa della Famiglia Naturale, fondata sull’unione fra uomo e donna”, ed a sollecitare presso il Governo la non applicazione del Documento Standard per l’educazione sessuale in Europa redatto dall’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. La Regione promuoveva così la superiorità e l’esclusiva legittimità di un modello familiare discriminando le altre forme di famiglia che compongono la nostra società.

Infine, nel settembre 2015, le Consigliere ed i Consiglieri approvano a larga maggioranza una mozione dal titolo “La scuola non introduca ideologie destabilizzanti e pericolose per lo sviluppo degli studenti quali l'ideologia gender”, dimostrando di dar credito ad una ideologia scientificamente inconsistente, ripetutamente smentita da organismi accademici e professionali. La città di Treviso, che pure in passato è stata dipinta e percepita e come intollerante nei confronti degli stranieri e della comunità LGBTQIA, ha cercato in questi ultimi anni di ritrovare la sua vocazione inclusiva e libertaria, in accordo peraltro con lo Statuto della Città, che all’art.1 recita: «Treviso, città martire nei due conflitti mondiali e decorata di medaglia d’oro al valor militare per il ruolo svolto durante la Resistenza, rinnovando la millenaria tradizione di libertà che si è espressa nella forma dei liberi comuni e nell’aggregazione alla Repubblica di Venezia, assume come valori fondamentali i principi della Costituzione repubblicana. Il Comune di Treviso ispira la propria azione ai supremi principi della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, della giustizia e della solidarietà e persegue il bene dei propri cittadini senza discriminazioni politiche, religiose, razziali, etnico-linguistiche, sessuali, sociali. […]». All’inizio del 2014, il Comune ha aderito alla Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale ed identità di genere (RE.A.DY.), il cui obiettivo è quello di mettere in sinergia l’azione delle Pubbliche Amministrazioni per promuovere sul piano locale politiche che sappiano rispondere ai bisogni delle persone LGBTQIA, contribuendo a migliorarne la qualità della vita e creando un clima sociale di rispetto e di confronto libero da pregiudizi. Nello stesso anno, il Comune ha istituito il Registro delle Unioni Civili, rivolto alle coppie formate da “due persone maggiorenni, che si dichiarano reciprocamente legate da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune”. Il fine dichiarato è quello di superare situazioni di discriminazione e favorirne l’integrazione nel contesto sociale, culturale ed economico del territorio. È necessario che il cammino iniziato prosegua, perché Treviso possa liberarsi dalle ombre del passato, promuovendo il protagonismo delle cittadine e dei cittadini, della associazioni e di tutti i soggetti che desiderano rendere la città inclusiva e aperta alle differenze.

Insieme possiamo abbattere i muri di del pregiudizio e della discriminazione, per aprire la città e portare le esistenze di tutti, i nostri corpi, le nostre vite, i nostri amori, alla luce del sole.

Perché il Pride? Perché il Pride? Perché il Pride? Perché il Pride? LGBTQIA non è soltanto una sigla; dietro a questo acronimo stanno persone in carne ed ossa, cittadine e cittadini che lottano ogni giorno per la loro dignità, per la loro libertà e per i loro diritti; e che, spesso, sono etichettate con appellativi insultanti. LGBTQIA sono persone

- lesbiche, donne che amano le donne,

- gay, uomini che amano gli uomini,

- bisessuali, persone che possono essere attratte da più di un sesso e/o genere,

- transessuali/transgender, uomini e donne nati in un corpo che non corrisponde al loro sentire più autentico per quanto riguarda l’identità di genere;

- queer, persone il cui orientamento sessuale e/o la cui identità di genere non rientra nei canoni del binarismo creato dalla cultura egemone (omo/etero, uomo/donna);

- intersessuali, persone che possiedono caratteristiche non direttamente ascrivibili ad uno dei due generi riconosciuti;

- asessuali, persone che non hanno attrazione sessuale e interesse per il sesso, mantenendo l’interesse o l’attrazione attrazione intellettuale o emotiva verso altre persone.

Il fenomeno dell’omofobia, della lesbofobia, della bifobia, della transfobia non riguarda solo il mondo delle persone LGBTQIA. Anche tutti coloro che non si adeguano alla norma che impone ruoli e atteggiamenti stereotipici, strettamente legati al genere femminile e maschile, sono vittime di ingiurie, vessazioni, emarginazione, violenza fisica e psicologica.

Pride è la fierezza di tutte queste persone di fronte alla propria storia e alle proprie scelte.

Pride è l’orgoglio per ciò che si è e per le battaglie che giorno per giorno si affrontano, si vincono o volte anche si perdono.

Pride è espressione di festa e di mobilitazione civile che percorrerà l’Italia all’inizio della prossima estate.

Eventi, dibattiti, performance artistiche, il corteo e la festa finale, vorranno essere una grande chiamata in nome dell’uguaglianza e della libertà:

- libertà di espressione, perché non vogliamo che nessuno sia mai più perseguitato, deriso, marginalizzato o stigmatizzato per la sua identità di genere o per il suo orientamento sessuale;

- libertà di partecipazione, perché la collettività è arricchita dall’apporto delle persone LGBTQIA, dal loro contributo sociale, dalla loro esperienza e dalla loro creatività, per le professioni che svolgono e per le tasse che pagano;

- libertà di pensiero e di coscienza, perché nessun modello comportamentale può essere arbitrariamente eletto a normalità, e nessun sistema religioso può giustificare pratiche sociali discriminatorie.

Ci riconosciamo al fianco di tutti coloro che per qualsiasi motivo indipendente dalla loro volontà si trovano ad essere discriminati. Il nostro punto di riferimento resta la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che all’articolo 21 recita: «È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale».

Appoggiamo le rivendicazioni delle donne per la parità dei loro diritti, per l’autodeterminazione e per la tutela contro la violenza. Solo la liberazione della società dai condizionamenti del patriarcato può essere la premessa perché le donne conquistino una effettiva parità e le persone LGBTQIA siano libere di essere ciò che sono, senza l’imposizione di modelli di genere nei quali non si riconoscono. Tutti gli uomini e le donne hanno diritto di cercare e costruire la propria felicità.

Alla luce di queste considerazioni, auspicando e confidando nella più ampia partecipazione sociale, ci impegniamo perché vengano prese in considerazione le seguenti istanze.

Vita politica e amministrazione pubblica:

- tutti i matrimoni contratti all’estero siano trascritti nello Stato Civile dei nostri Comuni, come testimonianza civile nella direzione di un accesso egualitario all’istituto del matrimonio anche nel nostro Paese;

- lo Stato italiano introduca una legge che estenda il matrimonio civile anche alle coppie dello stesso sesso,

- Lo Stato italiano si adoperi per la creazione di istituti differenti e distinti dal matrimonio che prevedano il riconoscimento giuridico delle unioni civili, per coloro che non si riconoscono nell’istituto del matrimonio;

- lo Stato italiano riconosca legalmente la figura del cogenitore, attraverso l’adozione interna alle coppie omosessuali, al fine di garantire il diritto alla continuità affettiva e godere dei benefici economici e materiali, altresì estendere il diritto-dovere del genitore non biologico di prendersi cura dei figli;

- lo Stato italiano garantisca l’adozione di minori anche da parte delle/dei singole/i e delle coppie dello stesso sesso;

- venga riconosciuta un’aggravante per i reati fondati sull’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, e che l’incitamento all’odio contro le persone omosessuali, bisessuali e transessuali, sia perseguito e punito come quello all’odio razziale;

- sia recepita la Direttiva Europea 38 del 2004 sulla libertà di movimento dei cittadini europei;

- ci sia una costante applicazione della Direttiva Europea 85 del 2005 riguardo allo status di rifugiato anche per le persone gay, lesbiche, bisessuali e transgender perseguitate, non solo dallo Stato, nei loro paesi;

- il Consiglio Regionale del Veneto abroghi la mozione 270 del 2014, che sotto il pretesto di una difesa della cosiddetta “famiglia naturale” nasconde un pronunciamento discriminatorio contro tutte le altre forme di famiglia che già esistono;

- il Consiglio Regionale del Veneto abroghi altresì la mozione 13 del 2015 che, nel timore che si diffonda un’ideologia, che non ha fondamento scientifico alcuno, chiede alle Scuole di svolgere azioni che sono già di loro competenza;

- il Consiglio Regionale del Veneto applichi la mozione 4 del 2010 per la promozione di iniziative destinate a sensibilizzare l’opinione pubblica verso la cultura delle differenze, la prevenzione e la condanna degli atteggiamenti e dei comportamenti di natura omofobica e transfobica, nonché a sostenere progetti per lo sviluppo di iniziative dedicate alla lotta alla discriminazione per orientamento sessuale ed identità di genere, e che si faccia portavoce presso il Parlamento italiano per l’approvazione di leggi che tutelino e legittimo le persone LGBTQIA;

- sia istituito in tutti i Comuni un registro in cui possano iscriversi le coppie conviventi perché siano loro riconosciuti concreti diritti e tutele da parte dell’amministrazione comunale;

- i Comuni aderiscano alla Rete Ready per una strategia condivisa e lo scambio di buone pratiche nella lotta alle discriminazioni;

Sanità e assistenza sociale:

- siano attivate nuove campagne di informazione sulle infezioni da HIV e sulle infezioni a trasmissione sessuale in generale.

- si organizzino iniziative di informazione e sensibilizzazione rivolte al personale medico e paramedico sul rapporto medico-paziente, qualora si trovassero davanti persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali;

- sia esteso il regime di anonimato e gratuità, attualmente valido solo per il test HIV tradizionale, ai test per le Malattie a Trasmissione Sessuale (MTS) più comuni come gonorrea, epatiti e sifilide; il servizio sia offerto con maggiore visibilità, in particolare per le categorie più sensibili;

- sia realizzato un più efficiente monitoraggio delle nuove infezioni, sia per HIV sia per le MTS più gravi, al fine di fare prevenzione in modo strategico, su fasce d’età e categorie a rischio; sia promosso il test rapido per HIV, attraverso iniziative di informazione, prevenzione, e accesso al test community-based; sia promosso a larga scala il preservativo maschile e femminile come strumento di prevenzione contro le MTS;

- vengano vietate ufficialmente le terapie di conversione per la presunta guarigione dall’omosessualità (“terapie riparative”);

- sia portata a compimento la depatologizzazione e la depsichiatrizzazione della transessualità;

- sia riconosciuto alle persone transessuali il diritto di cambiare nome prima di aver completato la transizione e sia risparmiato l’intervento chirurgico demolitivo-ricostruttivo a tutte quelle persone transgender che per qualsiasi motivo non possono e non vogliono subirlo;

- siano proibiti gli interventi chirurgici e farmacologici di riassegnazione di genere a quei neonati e neonate che presentano caratteristiche sessuali non immediatamente ascrivibili a uno dei due generi prevalenti (intersessuali);

- siano potenziati i consultori del territorio, per garantire alle donne l’accesso alle cure e all’interruzione di gravidanza, assicurando loro quella libertà di scelta che negli ultimi anni è costantemente ostacolata dall’altissima percentuale di medici obiettori;

- sia abolita la legge 40/2004, ovvero ci sia una modifica della stessa allo scopo di consentire l’accesso alla procreazione medicalmente assistita a single e coppie, anche dello stesso sesso;

- le persone LGBTQIA anziane ricoverate in case di cura o strutture protette siano rispettate, e siano avviate tra le ed i professionisti campagne di informazione e di sensibilizzazione mirate alle problematiche della terza età LGBTQIA;

- l’approvazione di una legge sul fine vita che riconosca alle cittadine e ai cittadini il diritto alla libera scelta e allo Stato il dovere di farsi carico di situazioni cliniche eccezionali per porre fine ad agonie prolungate.

Scuola:

- nei piani dell’offerta formativa nelle scuole pubbliche sia garantita una vera educazione all’affettività e alla sessualità, così come alle differenze, adeguata all’età degli studenti, capace di coinvolgere anche le famiglie, improntata ai principi democratici del rispetto e dell’accoglienza di ogni diversità, attuati di concerto con le associazioni LGBTQIA e/o soggetti competenti;

- le scuole, e in particolare il corpo docente e amministrativo, siano attrezzati culturalmente e professionalmente per accogliere e valorizzare tutte le esperienze familiari da cui possono provenire i loro alunni, senza imbarazzi, discriminazioni o forzature;

- alle e agli insegnanti sia offerta la formazione necessaria per trattare con rispetto e gentilezza ogni loro studente LGBTQIA, per estirpare ogni ideologia discriminatoria nella comunità scolastica e per prevenire efficacemente il bullismo omofobico e transfobico;

- in tutte le università sia concesso alle persone transgender il libretto per gli esami e la modulistica corrispondenti al loro genere.

Nel segno della libertà d’espressione garantita dalla nostra Carta Costituzionale che, inoltre, all’Art. 2 afferma: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese», crediamo che anche la Città di Treviso abbia il dovere di ospitare il Pride 2016 e il percorso di eventi e iniziative che lo accompagnerà nei mesi precedenti.

Chiediamo all’Amministrazione Comunale e ai suoi rappresentanti, quali espressione di una società matura e consapevole come quella trevigiana, di voler patrocinare, promuovere e aderire a sì pregevole iniziativa.

Comitato Treviso Pride 2016
Antonio Monda
Elena Toffolo
Marina Marzari
Claudia Corso
Simone Carnielli
Lucia Dalla Pozza

(fine)

Costanza Miriano biblista di pessima qualità

Tra le mie tante colpe c'è l'essermi iscritto alla Facoltà Valdese di Teologia - Corso di Laurea (a distanza) in Scienze Bibliche e Teologiche, e pur non essendovi tenuto, l'aver deciso di studiare l'ebraico biblico ed il greco del Nuovo Testamento.

Vi chiederete: "Ma se sei ebreo, perché hai fatto questo?" La risposta è che la facoltà è aperta a chiunque, ed il mio "coming out" come ebreo è stato bene accolto; mi dà l'occasione di studiare la Bibbia ebraica (anche se in maniera che un ebreo troverebbe incompleta), ed il Nuovo Testamento, anche nei suoi numerosi "semitismi" di linguaggio, tradisce l'essere opera di autori ebrei.

Per chi non ha paura delle sfide intellettuali, è una bella esperienza; e prima ancora di dare gli esami di ebraico e greco, comincio a ricavare qualcosa da questi studi.

Prendiamo ad esempio la preclara giornalista Costanza Miriano, autrice del libro "Sposati e sii sottomessa".

Secondo quest'articolo, codest'autrice avrebbe spiegato il titolo del suo libro, ferocemente criticato in Spagna da deputatesse che lo hanno denunciato come istigatore alla sottomissione femminile, e potenziale motivatore alla violenza di genere, dicendo:
“Spose sottomesse ai vostri mariti è l’invito di San Paolo nella Lettere agli Efesini. Sottomesse nel significato di stare sotto, sostenere, sorreggere, perché sotto si mette chi è più solido e resistente, perché è chi sta sotto che regge il mondo”.
Questa bizzarra interpretazione dell'Epistola agli Efesini mi aveva colpito, ed ho cercato in Internet la conferma che questa frase fosse proprio di Costanza Miriano - e credo di averla trovata in quest'intervista apparsa sul sito dell'Associazione Nazionale Famiglie Numerose, di cui cito questo brano:
Non sono mica io a scegliere questa parola! E’ san Paolo, nella lettera agli Efesini. La parola sembra offensiva, a noi donne di oggi, perché non sappiamo uscire dalla logica del dominio e della sopraffazione, che spesso vige in molte coppie. (...) Invece essere sottomesse significa letteralmente stare sotto, cioè sostenere tutti i membri della famiglia, sorreggere, accompagnare i più deboli. 
Quindi, devo pensare che di quest'interpretazione insostenibile Costanza Miriano porti tutta la responsabilità - lo conferma nel suo blog, dove appare in questa pagina questo brano:
Al solito, comunque, il cuore del problema è la sottomissione. A S. e a molte altre donne l’idea non convince, neanche se “indorata” con la spiegazione che stare sotto vuol dire sostenere, sorreggere, accogliere, e non obbedire passivamente lasciandosi schiacciare.
Non c'è bisogno di chiudersi nella biblioteca di una facoltà teologica od un istituto di scienze religiose per trarre le mie stesse conclusioni - basta usare gli strumenti del sito gratuito Blue Letter Bible.

Il brano in questione è Efesini 5:21-24 (Nuova Riveduta - qui potete leggere altre traduzioni):
21 sottomettendovi gli uni agli altri nel timore di Cristo. 
22 Mogli, siate sottomesse ai vostri mariti, come al Signore; 
23 il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della chiesa, lui, che è il Salvatore del corpo. 
24 Ora come la chiesa è sottomessa a Cristo, così anche le mogli devono essere sottomesse ai loro mariti in ogni cosa.
Già il testo italiano mostra che, ad onta di quello che dice Costanza Miriano, la logica del dominio non è aliena alla famiglia come la concepisce l'autore dell'Epistola; inoltre, se "essere sottomessa" significa "sostenere il più debole", qual teologia cristiana può pensare che Cristo, "Salvatore del corpo", sia più debole della Chiesa, e che abbia bisogno del sostegno di lei?

Ricordo che la kènosis di Gesù è terminata con la morte in croce, dopo la quale i suoi attributi divini sono stati "riattivati" (il termine che ho scelto è solo provvisorio - che ne è stato degli attributi divini di Gesù al momento dell'Incarnazione, e di conseguenza dopo la morte, è oggetto di un serrato dibattito teologico tra le chiese cristiane e dentro di loro; ringrazierò chi mi suggerirà un termine migliore, in cui magari tutti possano riconoscersi) - non si può usare quel concetto per salvare in corner Costanza Miriano!

Se ci leggiamo il testo greco (Nestle-Aland 28):
21 Ὑποτασσόμενοι ἀλλήλοις ἐν φόβῳ Χριστοῦ 
22 αἱ γυναῖκες τοῖς ἰδίοις ἀνδράσιν ὡς τῷ κυρίῳ, 
23 ὅτι ἀνήρ ἐστιν κεφαλὴ τῆς γυναικὸς ὡς καὶ ὁ Χριστὸς κεφαλὴ τῆς ἐκκλησίας, αὐτὸς σωτὴρ τοῦ σώματος· 
24 ἀλλ’ ὡς ἡ ἐκκλησία ὑποτάσσεται τῷ Χριστῷ, οὕτως καὶ αἱ γυναῖκες τοῖς ἀνδράσιν ἐν παντί.
scopriamo che il verbo greco tradotto con "sottomettere" è hypotàsso; leggendo la concordanza di Strong, voce G5293, noi scopriamo che quel verbo compare in 31 versetti del Nuovo Testamento; in alcuni più di una volta, ma non ha mai il significato di "sostenere i deboli".

Anche quando appaiono espressioni come questa:
καὶ πάντα ὑπέταξεν ὑπὸ τοὺς πόδας αὐτοῦ (da Efesini 1:22)
il significato è chiaramente metaforico:
Ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi (Nuova Riveduta - altre traduzioni qui)
ed indica una relazione di dominio e sottomissione.

Il mio dizionario di greco NT, che pure è stato redatto da un ex docente del Pontificio Istituto Biblico, Carlo Rusconi, che deve aver abbracciato di tutto cuore l'ipotesi del nostratico, visto che ha consumato molto spazio per confrontare (per me piacevolmente - altri direbbero che è stato un azzardo) radici indoeuropee con radici semitiche, non perde neppure un trattino di "F" per le poche volte in cui il verbo hypotàsso indica (metaforicamente) una relazione spaziale, e dà seccamente questi significati: "coordino, assoggetto, sottometto ... vengo coordinato, assoggettato, sottomesso ... mi sottometto ... sto sottomesso ... sottostò, sto sottomesso". Per un professionista della filologia e dell'esegesi, non c'è dubbio alcuno sul significato del verbo - e non è quello a cui pensa Costanza Miriano!

Inoltre, se già avevo notato l'incongruenza teologica del pensare che compito della chiesa sia "sostenere" il "debole" Cristo, in 1 Corinzi 15:27-28 (Nuova Riveduta - altre traduzioni qui):
27 Difatti, Dio ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi; ma quando dice che ogni cosa gli è sottoposta, è chiaro che colui che gli ha sottoposto ogni cosa, ne è eccettuato. 
28 Quando ogni cosa gli sarà stata sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti.
(Non pensate che vi risparmi il Nestle Aland 28!):
27 πάντα γὰρ ὑπέταξεν ὑπὸ τοὺς πόδας αὐτοῦ. ὅταν δὲ εἴπῃ ὅτι πάντα ὑποτέτακται, δῆλον ὅτι ἐκτὸς τοῦ ὑποτάξαντος αὐτῷ τὰ πάντα.
28 ὅταν δὲ ὑποταγῇ αὐτῷ τὰ πάντα, τότε [καὶ] αὐτὸς ὁ υἱὸς ὑποταγήσεται τῷ ὑποτάξαντι αὐτῷ τὰ πάντα, ἵνα ᾖ ὁ θεὸς [τὰ] πάντα ἐν πᾶσιν.
la cosa diventa marchiana - a raccontare che il verbo hypotàsso significa che le cose create hanno il compito di "sostenere" il "debole" Figlio, e questi a sua volta il "debole" Padre, oggi si prende ZERO in Teologia Sistematica (ed un po' di altri esami), ed una volta si finiva al rogo per eresia, visto che l'errore sarebbe inescusabile.

Quello che più mi preoccupa non è tanto l'aver Costanza Miriano mostrato di non saper fare teologia, quanto il fatto che la gerarchia cattolica non ha reagito tirandole le orecchie - che io sappia, solo il vescovo di Bilbao ha contestato la rappresentatività di questo libro della dottrina cattolica sul matrimonio, mentre il Pontificio Consiglio per i Laici lo ha addirittura lodato.

Mi chiederete: "Ma che te ne importa delle opinioni di un'altra religione?"; ed io rispondo che qui si è usciti dal campo religioso per invadere quello filologico - e non c'è bisogno di essere d'accordo con un testo per opporsi a che gli sia fatto dire quello che non ha detto.

Ed a leggere cose del genere penso che ci sia chi rimpianga i tempi in cui la Bibbia era all'Indice e consideri una colpa volerla poter leggere con i propri occhi.

Raffaele Yona Ladu, ebreo.

Prossimo incontro sportello bisessuale

Il 23 settembre 2015, in occasione della giornata mondiale  dell'orgoglio bisessuale, a Verona presso il Milk Center  è  nato su skype lo "sportello.bisessuale" .



Questo servizio è il risultato maturato  negli anni per soddisfare i bisogni di risposte arrivate al nostro attuale numero 3457153230.

Lo Sportello Bisessuale si pone l’obiettivo di tutelare, supportare e difendere le persone bisessuali, in un’ottica laica e a-politica, sviluppando buone prassi di inclusione sociale, sostenendo la persona nelle difficoltà che incontra sia verso il mondo etero che omosessuale.
Lo sportello vuole offrire  supporto specialistico anche avvalendosi della collaborazione con altri servizi del territorio ed in particolar modo del Milk Center.
Lo Sportello Bisessuale, è una nuova realtà italiana nata per la prima volta a Verona,  attiva nel volontariato sociale, impegnata nella tutela e nell’affermazione dei diritti di quanti si riconoscono bisessuali o «temono» di esserlo.
Si vuole portare avanti una finalità di solidarietà sociale, supporto e socializzazione per le persone bisessuali, a difesa della loro salute fisica e psicologica.
Se cerchi sostegno, supporto e confronto, o semplicemente se vuoi conoscere la nostra realtà oltre giudizi e pregiudizi, contattaci: troverai accoglienza, professionalità e la possibilità di elaborare un percorso di crescita personale.
Per conoscere i giorni e gli orari dello Sportello, i servizi offerti o solo per saperne di più
contattaci o vienici a trovare il secondo e quarto mercoledì del mese.

 Per effettuare segnalazioni o richieste scrivete a lieviti@outlook.com
o se desideri diventare attivista volontario dell'Associazione Lieviti scrivici o contattaci (tel. 3457153230)

Skipe: sportello.bisessuale prossimo collegamento mercoledì 14 ottobre'15

Sportello Bisessuale
Presso il  Milk Center è nato lo Sportello Bisessuale.
Ci si incontra il secondo e quarto mercoledì del mese sempre al Milk Center.
Chi vuole venire è gradito. Il servizio è gratuito
E' uno sportello che tratta di bisessualità ma è rivolto a tutti. Tutti possono chiamare, chiedere ed ascoltare.
Per fare questo oltre ad essere presenti fisicamente al Milk c'è anche la possibilità di collegarsi tramite Skipe.
Collegamento Skipe è    sportello.bisessuale
2) Al Milk con il mese di Ottobre partono una serie di incontri di biodanza e di meditazione (a giovedì alternati)
Chi si vuole aggiungersi puo' chiamarmi al 3457153230
Tutti gli incontri sono a titolo gratuito (basta un offerta per coprire le spese di gestione del Milk)
Per la Biodanza non serve saper ballare basta venire vestiti comodi.

un abbraccio da Luigia

23 settembre, giornata mondiale dell’orgoglio bisessuale


Il 23 settembre 2015, in occasione della giornata mondiale  dell'orgoglio bisessuale, a Verona presso il Milk Center   nasce lo sportello bisessuale .


Questo servizio è il risultato maturato  negli anni per soddisfare i bisogni di risposte arrivate al nostro attuale numero 3457153230.

Lo Sportello Bisessuale si pone l’obiettivo di tutelare, supportare e difendere le persone bisessuali, in un’ottica laica e a-politica, sviluppando buone prassi di inclusione sociale, sostenendo la persona nelle difficoltà che incontra sia verso il mondo etero che omosessuale.
Lo sportello vuole offrire  supporto specialistico anche avvalendosi della collaborazione con altri servizi del territorio ed in particolar modo del Milk Center.
Lo Sportello Bisessuale, è una nuova realtà italiana nata per la prima volta a Verona,  attiva nel volontariato sociale, impegnata nella tutela e nell’affermazione dei diritti di quanti si riconoscono bisessuali o «temono» di esserlo.
Si vuole portare avanti una finalità di solidarietà sociale, supporto e socializzazione per le persone bisessuali, a difesa della loro salute fisica e psicologica.
Se cerchi sostegno, supporto e confronto, o semplicemente se vuoi conoscere la nostra realtà oltre giudizi e pregiudizi, contattaci: troverai accoglienza, professionalità e la possibilità di elaborare un percorso di crescita personale.
Per conoscere i giorni e gli orari dello Sportello, i servizi offerti o solo per saperne di più
contattaci o vienici a trovare il giorno dell' inaugurazione.
Ricorda :
Mercoledì 23 settembre ore 21 presso il Milk Center!
Non mancare!

 Per effettuare segnalazioni o richieste scrivete a lieviti@outlook.com

Non è un paese per le bisessuali




L'articolo [1] commenta ferocemente l'articolo [2]: una donna, violentata da sei uomini nel 2008, non è stata creduta e gli imputati sono stati assolti, in quanto i giudici non hanno ritenuto che l'evento fosse accaduto contro la volontà della vittima.

I due articoli di giornale censurano ferocemente il ragionamento dei giudici - ed il solo fatto che la vittima fosse ubriaca avrebbe dovuto a mio avviso motivare la condanna: quando si fa sesso non ci si deve accontentare del non rifiuto, si deve pretendere un consenso esplicito e valido, dall'inizio alla fine.

Purtroppo, si scrive "patriarcato" e si legge "cultura dello stupro". La sentenza è ulteriormente censurabile perché ha ritenuto la vita sessuale della vittima motivo per toglierle credibilità - e pare che l'aver ella avuto relazioni sia eterosessuali che omosessuali abbia pesato parecchio.

Siamo di fronte a ciò di cui si lamenta [0]: una statistica americana citata anche da un rapporto della Casa Bianca afferma che il 46% delle donne bisessuali afferma di essere stata stuprata - solo il 17% delle etero afferma altrettanto.

Poiché purtroppo le persone di status sociale inferiore, e già emarginate, sono più riluttanti ad ammettere di essere state vittime di stupro ed a denunciare l'accaduto, si teme che la situazione per le bisessuali in particolare, e per le persone LGBTQIA+, sia ancora più grave.

Nel caso delle donne bisessuali, purtroppo fa parecchio danno lo stereotipo secondo cui esse siano la lussuria personificata - non è assolutamente vero, e non è che più persone si possono trovare attraenti, maggiore è il desiderio sessuale.

Ed in ogni caso, ogni persona ha il diritto di scegliere, e per avere rapporti sessuali con lei occorre il suo positivo consenso - la sentenza invece sembra essersi accontentata del non aver ella resistito in modo convincente (ubriaca, contro sei ubriachi - vorrei vedere come resistere in quella situazione: nemmeno Rambo se la sarebbe cavata).

Raffaele Yona Ladu

Un gesuita americano consiglia i vescovi cattolici americani




Francis DeBernardo, cattolico americano autore del blog LGBT New Ways Ministry, attira in [0] l'attenzione sull'articolo [1], in cui il gesuita americano Thomas Reese, curatore della rubrica "Faith and Justice = Fede e Giustizia" del National Catholic Reporter dà dei consigli che a DeBernardo ed a me appaiono assai sensati; l'articolo è pieno di link, di cui [3] è il più importante, in quanto spiega la differenza tra cooperazione materiale e cooperazione formale in un peccato - e rammenta che agire sotto costrizione rende moralmente irresponsabili.

Prima di tradurre l'articolo [1], riassumo il punto importante in [2]: per spiegare la differenza tra coooperazione materiale e cooperazione formale si fa di solito l'esempio del padrone sposato che ordina al suo schiavo di portare una lettera alla sua amante.

Eseguire l'ordine rende lo schiavo materialmente complice dell'adulterio del suo padrone, ma, finché egli disapprova l'azione di questi (se l'approvasse, cadrebbe nella cooperazione formale), e la sua complicità non è indispensabile perché venga compiuta, la sua colpa viene notevolmente diminuita. Poiché inoltre lo schiavo sa che verrebbe punito se disubbidisse, agisce sotto costrizione, e questo riduce ulteriormente la colpa.

Quest'argomento (in italiano viene approfondito qui) P. Thomas Reese SJ lo applica a tutte le persone cattoliche che si trovino coinvolte in un matrimonio same-sex: il fotografo può scattare le foto, il pasticcere può preparare la torta, l'impiegato può curare le pubblicazioni, il giudice celebrare le nozze. Nessuno di loro commette peccato perché la loro è tuttalpiù cooperazione materiale e, se si rifiutassero, sarebbero passibili di denuncia per discriminazione od omissione di atti d'ufficio.

Non è un caso di scuola: come osserva lo stesso P. Reese SJ, le istituzioni cattoliche italiane pagano i contributi al SSN per i loro dipendenti, pur sapendo che una parte di quei contributi finanzia pratiche contraccettive od abortive. Ma nessun amministratore si sente per questo con la coscienza sporca: la sua è tuttalpiù cooperazione materiale, e se non pagasse, ci penserebbe Equitalia a riscuotere il dovuto.

Come ebreo non trovo niente di male in quello che inquieta P. Reese SJ, ma i suoi argomenti aiutano a mettere le cose in prospettiva. Ora traduco l'articolo [1], con quest'avvertenza: ho preferito ricopiare l'espressione "same-sex" anziché tradurla con "omosessuale", per rendere evidente che non sono solo gli omosessuali a contrarre un matrimonio di questo tipo - lo fanno anche i bisessuali.

Come dovrebbero reagire i vescovi alla decisione sul matrimonio same-sex

di Thomas Reese - 2 Luglio 2015

Con la decisione della Corte Suprema USA che legalizza il matrimonio gay in tutti gli Stati Uniti, i vescovi cattolici degli USA hanno bisogno di una nuova strategia che funzioni. La lotta dei vescovi contro il matrimonio gay è stata uno spreco di tempo e di denaro. I vescovi dovrebbero scegliere un nuovo insieme di priorità ed una nuova squadra di avvocati.

Alcuni oppositori del matrimonio gay stanno proponendo la disubbidienza civile, suggerendo ai funzionari pubblici di ignorare la decisione e non eseguire matrimoni same-sex. Altri propongono un emendamento costituzionale che rovesci la decisione. Molti hanno sostenuto che la decisione della Corte non chiuderà la questione più di quanto Roe v. Wade abbia chiuso il dibattito sull'aborto.

Per prima cosa, chiariamo quello che non fa la decisione. Non chiede a dei ministri del culto di celebrare matrimoni same-sex, né vieta loro di parlare contro il matrimonio gay. Questi diritti sono protetti dal Primo Emendamento. La corte ha inoltre chiarito che una chiesa ha piena libertà di assumere e dimettere i suoi ministri per qualsiasi motivo.

La condizione giuridica del matrimonio gay è simile a quella del risposarsi dopo un divorzio. Il divorzio e le nuove nozze sono legali in ogni stato dell'unione, ma se una chiesa è contro le nuove nozze dopo un divorzio, i suoi ministri non sono tenuti a celebrarle, ed i suoi predicatori possono continuare ad attaccare il divorzio dal pulpito. Se un ministro del culto divorzia, la sua chiesa può licenziare lui o lei.

L'analogia col divorzio è valida. I vescovi farebbere bene a controllare quello che hanno fatto i loro predecessori che si sono opposti alla legalizzazione del divorzio, ma hanno perso. Alla fine, questi vescovi hanno accettato il divorzio come la legge dello stato, senza però permettere nuove nozze nelle loro chiese, se non precedute da un annullamento.

Ora, è raro che le istituzioni cattoliche licenzino delle persone quando divorziano e si risposano. Le istituzioni ecclesiastiche danno lavoro a persone divorziate e risposate, ed i loro coniugi ricevono i benefici matrimoniali. Nessuno ne viene scandalizzato. Nessuno pensa che dare i benefici matrimoniali ad una coppia risposata equivalga all'approvazione del loro stile di vita da parte della chiesa.

Se i vescovi del passato hanno potuto infine accettare il divorzio civile come legge dello stato, perché l'attuale leva dei vescovi non può fare lo stesso con il matrimonio gay? Data tutta la pubblicità sull'opposizione della chiesa al matrimonio gay, nessuno penserebbe che lo stia approvando.

È ora che i vescovi ammettano la sconfitta e vadano avanti. Il matrimonio gay è qui per restare, e non è la fine della civiltà come la concepiamo.

Quelli che confrontano Obergefell v. Hodges con Roe v. Wade non hanno guardato i sondaggi. La popolazione americana è rimasta polarizzata sull'aborto per decenni, ma il sostegno al matrimonio gay non ha fatto che salire. Non c'è alcuna possibilità di un emendamento costituzionale che rovesci la decisione. Il matrimonio gay non è una questione di vita o di morte. Potrebbe essere un problema nelle primarie repubblicane di quest'anno, ma non per la popolazione nel suo insieme.

Ora che il matrimonio gay è legge dello stato, i vescovi temono che la prossima lotta sarà sulla libertà religiosa delle persone che hanno delle obiezioni verso il matrimonio gay.

Siamo chiari e limpidi. Nella morale cattolica, non c'è nulla che vieti ad un giudice o ad un impiegato cattolico di celebrare un matrimonio same-sex. Né c'è obbligo morale alcuno per un uomo o donna d'affari cattolica di rifiutarsi di fornire i fiori, il cibo, lo spazio, ed altri servizi ad un matrimonio same-sex. A causa di tutte le controversie su queste questioni nei media, i vescovi devono essere inequivocabili nel chiarire che questi non sono problemi morali per i funzionari pubblici cattolici, o per gli uomini e le donne d'affari cattoliche.

Infatti, i giudici cattolici hanno celebrato matrimoni per tutti coloro che li hanno richiesti, compresi i cattolici che si stavano sposando ad onta dell'insegnamento della chiesa. Uomini e donne d'affari cattoliche hanno fornito i loro servizi ad ogni festa nuziale, anche a quelle dei cattolici divorziati che si sono sposati fuori dalla chiesa. Allo stesso modo, non c'è problema morale perché loro non facciano lo stesso con le coppie gay.

La chiesa ha un insegnamento morale sofisticato che comprende la distinzione tra cooperazione formale e materiale, e l'eliminazione della responsabilità morale quando una persona agisce sotto costrizione.

Per altri credenti, questi potrebbero costituire problemi morali, ma non per i cattolici. A causa di tutta la retorica su queste questioni, i vescovi debbono chiarirlo ai cattolici scrupolosi.

Leggi antidiscriminazione


Attualmente, non c'è alcuna legge federale che vieti le discriminazioni contro i gay nell'impiego o nell'alloggio, ma sempre più stati stanno promulgandola. Non si metteranno i vescovi a combattere la promulgazione di queste leggi per paura del loro impatto sulle istituzioni cattoliche?

La strategia migliore per i vescovi USA è imitare la chiesa mormone, che ha cooperato con gli attivisti gay sull'applicazione delle leggi contro la discriminazione nell'impiego e nell'alloggio nello Utah. In cambio dell'appoggio della chiesa, la comunità gay ha accettato volentieri delle eccezini per i Boy Scout e delle istituzioni mormoni come l'Università Brigham Young. John Wester, ora arcivescovo di Santa Fe, New Mexico, appoggiò questa legge quando era vescovo di Salt Lake City.

In alcuni stati potrebbe essere troppo tardi per trattare un simile accordo perché gli attivisti gay hanno già i voti che servono loro, ma in altri stati il sostegno della chiesa potrebbe fare la differenza nel far passare una legislazione antidiscriminatoria. In ogni caso, chiarire che la chiesa si oppone alle discriminazioni contro le persone gay potrebbe aiutare a ricucire le aspre divisioni tra la chiesa ed i sostenitori dei diritti dei gay.

Si potrebbe fare appello ai pragmatici tra i gay che riconoscono che sarebbe politicamente efficace per loro dar prova di generosità vincendo. Attaccare le chiese potrebbe far loro perdere il sostegno per i loro obbiettivi primari. Alcune piccole esenzioni sono un piccolo prezzo da pagare per ottenere i loro obbiettivi principali.

Non c'è dubbio che i problemi di libertà religiosa sorgeranno in futuro o a causa di leggi antidiscriminazione, oppure di condizioni apposte a finanziamenti governativi.

Per esempio, collegi ed università cattoliche che forniscono alloggi a coppie sposate senza dubbio riceveranno richieste di alloggio da parte di coppie same-sex. A meno che le scuole non riescono a convincere gli stati a ritagliar loro un'eccezione nelle leggi antidiscriminazione, loro potrebbero essere obbligate a dare quest'alloggio.

Però, dacché esse forniscono alloggio a coppie illecitamente sposate secondo la chiesa, nessuno vedrebbe quest'alloggio come l'approvazione dello stile di vita di qualcuno. E, dato tutto il sesso che si fa nei collegi e nelle università cattoliche, alloggiare alcune persone gay che si sono permanentemente impegnate l'una  per l'altra in matrimonio non dovrebbe essere considerato un grande scandalo.

Un secondo problema sarà il fornire i benefici coniugali ai dipendenti gay nelle istituzioni cattoliche, specialmente università ed ospedali. Di nuovo, queste istituzioni danno già tali benefici ai dipendenti divorziati e risposati. Nessuno se ne scandalizza. Il fatto che la chiesa consideri l'assistenza sanitaria un diritto dovrebbe essere il fattore decisivo, non il genere del coniuge.

Infine, il problema più controverso da affrontare è quello dei figli delle coppie same-sex. Fortunatamente, è chiaro che questi figli dovrebbero essere battezzati ed accolti nelle scuole cattoliche.

Ma delle agenzie di adozione cattoliche hanno perso i loro finanziamenti governativi perché si rifiutavano di collocare i bimbi in coppie same-sex, anche se sono disposte a passare queste coppie ad altre agenzie. Ironicamente, queste agenzie collocavano in passato dei bimbi presso dei gay non sposati, seguendo una politica del "don't ask, don't tell = io non te lo chiedo, tu non me lo dire" su chi poteva vivere con loro. I vescovi si sono opposti solo alle persone gay sposate.

Gli esponenti della chiesa, compreso il papa, hanno sostenuto che ogni bambino merita di avere una madre ed un padre, lasciando intendere che senza madre e padre, il bimbo ne avrebbe in qualche modo sofferto. Quest'affermazione è problematica per più motivi.

Innanzitutto, suscita dubbi sui milioni di genitori soli che stanno eroicamente allevando i loro figli senza l'aiuto di un coniuge.

Secondo, ha una visione ristretta della famiglia. La chiesa ha tradizionalmente riconosciuto l'importanza degli zii, delle zie, dei nonni nell'allevare i figli. Ci saranno altri sessi nella famiglia estesa di questi bambini.

Terzo, spesso le coppie same-sex adottano figli che nessun altro vuole. Starebbero meglio questi bambini in affidamento o negli orfanotrofi?

Infine, non c'è prova che i figli delle coppie same-sex soffrano a causa della loro educazione. Lo studio originale che sosteneva che i figli allevati da coppie same-sex non erano altrettanto validi di quelli allevati da coppie eterosessuali è stato confutato.

L'American Sociological Association, in un "amicus brief" del 2013 che si opponeva al Defense of Marriage Act, disse: "L'affermazione che dei genitori same-sex producano dei risultati meno positivi sui figli dei genitori di sesso opposto - o perché tali famiglie siano prive di una coppia di genitori maschio e femmina, o perché i due genitori non sono entrambi i genitori biologici dei figli - contraddice un'abbondanza di ricerche sociologiche".

Semmai, "il benessere dei figli è il prodotto della stabilità nella relazione tra i due genitori, la stabilità nella relazione tra i genitori ed il bimbo, e maggiori risorse socioeconomiche genitoriali".

L'American Academy of Pediatrics concordava e sosteneva il matrimonio same-sex perché il matrimonio forniva la stabilità nelle loro vite di cui avevano bisogno i bambini.
Molti studi hanno dimostrato che il benessere dei figli è molto più influenzato dai loro rapporti con i loro genitori, dal senso di competenza e sicurezza dei loro genitori, e dalla presenza di sostegno economico e sociale per la famiglia che dal genere o dall'orientamento essuale dei loro genitori. L'impossibilità di sposarsi per le coppie same-gender aumenta lo stress familiare, che nuoce alla salute ed al benessere di tutti i membri della famiglia. Poiché il matrimonio rafforza i legami familiari e, così facendo, giova allo sviluppo dei figli, i figli non devono essere privati dell'opportunità per i loro genitori di sposarsi.
Proprio come Papa Francesco si è basata sul consenso scientifico quando trattava dell'ambiente, la chiesa dovrebbe anche consultare il meglio delle scienze sociali prima di fare affermazioni di ampia portata sui figli e sulle famiglie.

È ora che i vescovi americani si impernino sulle priorità di politica pubblica articolata da Papa Francesco: la cura dei poveri e dell'ambiente, e la promozione della pace e dell'armonia interreligiosa. La loro opposizione fanatica alla legalizzazione del matrimonio gay ha fatto sì che i giovani vedessero la chiesa come un'istituzione bigotta con cui non vogliono avere niente a che fare. Come pastori, dovrebbero parlare di più della compassione e dell'amore di Dio, che tentare di regolare con la legge il comportamento sessuale delle persone.

Di P. Thomas Reese SJ
Tradotto da Raffaele Yona Ladu

Udite Udite: il matrimonio egualitario è un diritto costituzionale in tutti gli Stati Uniti d'America



Pochi minuti fa è stata pubblicata la sentenza [1], passata a stretta maggioranza (5 a 4); [2] è l'articolo del New York Times che ne dà notizia.

Non ho potuto leggere tutta la sentenza, ma vi traduco il punto cruciale:
Si afferma: il Quattordicesimo Emendamento [della Costituzione Federale USA, adottato nel 1868] esige che uno Stato emetta la licenza per un matrimonio tra due persone del medesimo sesso e che riconosca un matrimonio tra due persone del medesimo sesso quando il loro matrimonio è stato validamente autorizzato ed eseguito fuori dello Stato.
La Corte Costituzionale italiana ha cercato sempre di evitare di arrivare alla medesima conclusione, ma tutte le corti costituzionali si influenzano a vicenda, e sarà sempre più difficile negare anche in Italia il matrimonio egualitario.

Per intenderci, la Prima Sezione del Quattordicesimo Emendamento citato recita:
Sezione 1. Ogni persona nata o naturalizzata negli Stati Uniti, e soggetta alla loro giurisdizione, è cittadina degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono. Nessuno Stato farà passare o farà rispettare una legge che diminuisca i privilegi e le immunità dei cittadini degli Stati Uniti; né uno Stato priverà alcuna persona della vita, della libertà, della proprietà, senza un giusto processo, né negherà ad alcuna persona nella sua giurisdizione l'egual protezione della legge.
e ad esso corrisponde l'Articolo 3 della Costituzione Italiana:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Perciò ... auguri agli sposi di ogni genere!

Raffaele Yona Ladu

Una giuria del New Jersey sentenzia: le terapie riparative sono una frode in commercio




Ottima notizia per noi, pessima per i cialtroni di ogni parte dell'universo: il Southern Poverty Law Center, un'organizzazione nata nel 1971 per combattere il razzismo consentendo alle sue vittime di portare in tribunale i loro persecutori e spennarli (lo spirito della legge angloamericana è questo: quando si infligge danno al prossimo, per dolo o colpa grave, si paga tre volte il danno accertato - la prima volta per risarcire, la seconda per punire, la terza per intimorire) ha vinto una causa contro JONAH, un'organizzazione ebraica che imitava servilmente analoghe organizzazioni cristiane proponendo terapie riparative dell'omosessualità.

La giuria (di 12 uomini della strada) ha stabilito che l'organizzazione, descrivendo l'omosessualità come una malattia, e proponendo di guarirla, si è resa colpevole di frode in commercio, e deve ora pagare le spese di giudizio (cosa rara in America) e risarcire 72.400,00 dollari USA (al cambio di oggi, 64.619,11 Euro) agli otto attori - sei clienti e due dei loro genitori.

Infatti, quello che si contesta non è soltanto l'aver fatto pagare 100 dollari a seduta per trattamenti inutili, umilianti, e pure iatrogeni (ovvero che facevano male anziché bene), ma anche l'aver seminato zizzania nelle famiglie, dando ad intendere ai pazienti che, se erano omosessuali, la colpa era dei loro genitori, e che dovevano staccarsi da loro, anche in modo aggressivo - la relazione di un paziente con sua madre è stata devastata ed interrotta per mesi.

Se la giuria ha deciso che la frode c'è stata, e come risarcirla, tocca ad un giudice ora stabilire se JONAH va chiusa in quanto associazione a delinquere.

Il Southern Poverty Law Center dice che la sentenza apre una nuova strada, e sarebbe interessante usare la medesima strategia pure in Italia - non dimenticando quello che è scritto in [3], ovvero che il Rabbinic Council of America (RCA), il 29 Novembre 2012, ha sconfessato JONAH.

Alcune associazioni di gay ebrei ortodossi se ne attribuiscono il merito, ma io andreottianamente sospetto che un avvocato (e molti rabbini sono anche avvocati) avesse avvertito l' RCA che, se JONAH avesse perso la causa (cosa fin troppo prevedibile), molti colleghi avrebbero potuto chiedersi: "Chi è stato a convincere molti ebrei omosessuali a gettarsi nelle fauci del lupo?"

Sarebbe stato facile reclutare altre vittime di JONAH e fare causa alle comunità ebraiche ortodosse ed all'RCA - l'unico modo per impedirlo era dissociarsi immediatamente e radicalmente da JONAH, per non essere accusati di essere stati complici delle sue malefatte.

Mi auguro che tra i miei lettori italiani ci sia chi d'ora in poi chi ci penserà due volte ad associare il proprio nome a quello dei terapeuti riparatori, ed altri cialtroni del genere.

Raffaele Yona Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

CALL FOR PAPERS: Tribadi, sodomiti, invertite e invertiti, pederasti, femminelle, ermafroditi.... Per una storia dell’omosessualità e delle trasgressioni di genere in Italia

CALL FOR PAPERS: Tribadi, sodomiti, invertite e invertiti, pederasti, femminelle, ermafroditi.... Per una storia dell’omosessualità e delle trasgressioni di genere in Italia

Negli ultimi anni, in Italia, dentro e fuori dalle Università, gli studi storici hanno rivolto alle minoranze sessuali un’attenzione che non ha avuto pari in altre discipline umanistiche. Allo scopo di: tentare un bilancio sullo “stato dell’arte” delle ricerche finora svolte; riflettere sul loro statuto epistemologico; valorizzare il contributo apportato da ricercatrici e ricercatori indipendenti (provenienti non dall’Università, ma dai movimenti); affermare, al tempo stesso, la piena dignità accademica di questi studi, la loro importanza strategica per lo sviluppo della ricerca storica in Italia; offrire un'occasione di incontro, confronto e conoscenza reciproca a quanti lavorano in un campo di studi nel quale fino ad oggi, con la sola eccezione della storia contemporanea del lesbismo, è fin qui mancata qualsiasi occasione di coordinamento e scambio,

il Centro di ricerca PoliTeSse (Politiche e Teorie della Sessualità), il Dipartimento TeSIS (Tempo, Spazio, Immagine e Società) dell’Università degli Studi di Verona e il CSC (Centro interuniversitario di Storia Culturale) promuovono il convegno “Tribadi, sodomiti, invertite e invertiti, pederasti, femminelle, ermafroditi.... Per una storia dell’omosessualità e delle trasgressioni di genere in Italia”.

L’iniziativa si terrà presso l’Università di Verona nei giorni 21-22 settembre 2015. Sono invitati a inviare una proposta di intervento tanto autori/autrici che hanno già pubblicato contributi significativi, quanto altri/e la cui opera sia recente e/o ancora in fase di stesura. Non saranno accettate proposte che non abbiano ad oggetto il passato delle minoranze sessuali in Italia. Saranno accolti interventi che facciano riferimento alla storia antica, medievale, moderna e contemporanea. È auspicabile il confronto tra approcci diversi, che spazino dalla storia sociale a quella culturale, dalla storia del diritto alla storia religiosa, dalle ricerche sulla medicina alle indagini sui movimenti di liberazione. Saranno inoltre benvenute riflessioni metodologiche sulla storia della sessualità, in particolare in un'ottica interdisciplinare, che valorizzi il contributo di altri ambiti di ricerca, come la storia dell'arte, della letteratura e del costume.

Gli studiosi e le studiose interessati sono invitati/e a presentare il titolo dell’intervento proposto e un riassunto non più lungo di 500 parole, corredati dei loro contatti (indirizzo email e numero telefonico). Il tutto dovrà essere inviato all’indirizzo di posta elettronica umberto....@gmail.com, entro e non oltre il 30 giugno 2015, indicando nell’oggetto “Convegno di storia LGBTQI - Call for Papers”.

Le proposte saranno valutate collegialmente dagli organizzatori del convegno, in base alla pertinenza, all’originalità, al valore intellettuale e al rigore metodologico. I risultati della valutazione saranno comunicati per posta elettronica entro il 20 di luglio. Gli interventi selezionati verranno esposti durante il convegno, e dovranno avere la durata massima di venti minuti. Non è prevista alcuna copertura delle spese: alloggio, vitto e viaggio saranno a carico dei partecipanti.

Gli organizzatori del convegno Fernanda Alfieri, Lorenzo Bernini, Giovanni Dall’Orto, Umberto Grassi.


Risposta sul "gender" ad un cattolico di base disorientato

Un amico mi ha pregato di rispondere ad una mail di richiesta di informazioni proveniente da un cattolico di base disorientato dalla propaganda massiccia dei "crociati antigender", e ritengo opportuno pubblicare anche qui la risposta.

(inizio)

Un sessuologo definisce l’identità sessuale di una persona come composta di quattro componenti:
  1. Il sesso biologico (ne riparliamo dopo);
  2. L’orientamento sessuale (cioè le persone con cui si vuole stabilire una relazione intima – definizione contorta che ha il pregio di escludere dagli orientamenti sessuali la pedofilia e la zoofilia);
  3. L’identità di genere (cioè il gruppo di persone a cui si sente di appartenere);
  4. Il ruolo di genere (cioè i comportamenti prescritti dalla società ad un certo gruppo di persone).
In questo quadro le cose che dispiacciono di più a chi si proclama paladino della famiglia contro l’ideologia del gender sono queste:
  1. Si deve prendere atto che la società di solito non entra in relazione con i corpi delle persone, ma con i ruoli che esse ricoprono – quindi, il ruolo di genere è più importante del sesso biologico di una persona, anche se ovviamente non si può chiederle ciò che il suo corpo non può dare;
  2. Gli orientamenti sessuali sono tutti altrettanto sani: l’eterosessuale non è migliore dell’omosessuale, del bisessuale (chi vuole stabilire relazioni intime con persone di più di un sesso e/o genere), dell’asessuale (che non desidera stabilire relazioni intime);
  3. Le identità di genere trans*, ovvero che non corrispondono al proprio sesso biologico, non sono un problema in sé, ma solo a causa delle discriminazioni e persecuzioni che incombono su chi le assume – e perciò sono altrettanto legittime delle identità cis* (“cis” in latino è il contrario di “trans”, ed indica le persone la cui identità di genere corrisponde al proprio sesso biologico).
Perché dispiacciono tanto queste cose?
  1. Perché se la differenza tra uomini e donne è soprattutto questione di ruolo sociale ed attese sociali, diventa un problema escludere le donne dal sacerdozio cattolico, quando perfino gli ebrei ortodossi israeliani si mettono ad ordinare delle rabbine (è capitato per la prima volta a Gerusalemme giovedì 10 Giugno 2015 – vedi quest'articolo);
  2. Perché se eterosessualità, omosessualità, bisessualità, asessualità sono tutti orientamenti sessuali altrettanto sani, diventa un problema sostenere tanta parte della dottrina sessuale cattolica, che identifica nella penetrazione anale il peccato che condannò Sodoma e Gomorra (gli ebrei, anche quelli più omofobi, ritengono invece che il peccato di Sodoma e Gomorra fosse la mancanza di ospitalità, e che la “sodomia” fosse riprovevole perché inflitta a persone non consenzienti, non per lussuria, ma per tenere alla larga gli stranieri poveri), e ritiene indispensabile che ogni atto sessuale sia “aperto alla vita” (eppure si calcola che ogni uomo abbia nella sua vita oltre 7000 orgasmi, comprese le polluzioni notturne – ma i figli sono assai di meno);
  3. Perché molte persone sono sessualmente insoddisfatte, si sono convinte che quest’insoddisfazione sia inevitabile per chi vive in una “famiglia tradizionale”, e che l’unico modo per impedire a questa famiglia di fallire per la “concorrenza sleale” esercitata dalle “famiglie arcobaleno” sia quello di ostacolarle in ogni modo – in realtà la soddisfazione sessuale è come la felicità: in ogni situazione è possibile averla, e non ha senso invidiarla.
Il problema è che su queste cose si dicono tante panzane:
  1. Per esempio, nessuno è convinto che si possa scegliere il proprio genere – sono tante le identità socialmente costruite, ma non per questo sono facili da abbandonare.
  2. Né è possibile cambiare il proprio orientamento sessuale – molte persone sono “fluide” e in una stagione della vita desiderano persone che non desiderano in un’altra, ma è una cosa che non si può in alcun modo controllare;
  3. Diffidate di chi presenta l'omosessualità come una malattia, e promette di poterne guarire: non solo la medicina e la psicologia gli danno torto marcio, ma nel New Jersey stanno processando per frode in commercio proprio un’organizzazione ebraica chiamata JONAH che faceva proprio questo, e l'unica linea difensiva che gli imputati hanno escogitato è che si prometteva una guarigione spirituale (???) e non medica (!!!) (vedi qui).
  4. Nessuno vuole insegnare ai bambini a masturbarsi (insegnamento oltretutto assolutamente superfluo: lo fanno anche i lattanti) – esiste però una sessualità infantile, e se non sono genitori e maestri ad insegnare ai bambini come rispettarla in sé e negli altri, saranno i pedofili ad approfittarne.
  5. Non si diventa omosessuali o transessuali perché a scuola si spiega cosa sono l’orientamento sessuale e l’identità di genere: orientamento sessuale ed identità di genere sono profondamente ancorate dentro la persona, e pertanto non basta prospettare le alternative per convincere qualcuno a sceglierle. Semmai, sapere che esistono persone non etero e non cis aiuta a capirle ed a rispettarle.
  6. Le “famiglie arcobaleno” hanno gli stessi compiti e le medesime potenzialità delle “famiglie classiche” – la loro parificazione non toglie niente a nessuno ed aiuta tutti a vivere meglio.
Non esiste l’“ideologia del gender” – esistono gli “studi di genere” e le “teorie queer”, che però sono molto variegate e difficili da ricondurre ad unità.

L’esponente più in vista di esse, l’ebrea Judith Butler, avverte che il genere non è un vestito che uno indossa la mattina dopo averlo scelto nell’armadio, perché senza “genere” il soggetto non può nemmeno costituirsi e capirsi.

E la stessa Judith Butler cita a conferma di ciò il caso di David Reimer, accidentalmente castrato dal chirurgo che lo doveva circoncidere, e che fu fatto crescere come una femmina: non sviluppò mai un’identità di genere femminile, e soffrì tanto da togliersi infine la vita.

Quindi … tutti siamo d’accordo: non si può creare un conflitto tra identità di genere e sesso biologico quando non nasce spontaneamente.

Ci si potrebbe invece lamentare di quello che succede alle persone intersessuali, cioè che hanno dei genitali ambigui che non è facile ricondurre ad un sesso o ad un altro.

Di solito sono sterili, ed in molti casi hanno delle malformazioni all’apparato urinario che impongono un intervento urgente già da neonate. Come se questo non bastasse, in molti paesi si compiono ulteriori operazioni puramente cosmetiche per “normalizzare” i loro organi genitali, per farli corrispondere all’ideale che si ha del sesso maschile o femminile.

E come si sceglie a che sesso assegnare questi bambini? La cosa migliore da fare sarebbe aspettare che crescano, che manifestino la loro identità di genere, e che scelgano se e come essere operati. Ma in molti paesi, Italia compresa, si ha fretta, si vuole che il bimbo esca dalla clinica ostetrica con un sesso “normale” e “binario” (o maschio o femmina), scelto spesso in modo arbitrario (è più facile scavare una vagina che erigere un pene), ed il risultato è che vengono inflitte loro operazioni che nuocciono alla loro funzione sessuale e riproduttiva.

In Svizzera gli intersessuali hanno ottenuto il divieto di questo tipo di operazioni: il bimbo subisce solo l’indispensabile per la sopravvivenza, e da adulto sarà lui a scegliere se e come intervenire.

Non credo che i “crociati antigender” ne siano però felici, perché questo va contro la loro interpretazione pedestre (e ben poco ebraica) di Genesi 1:27: “Maschio e femmina Iddio li creò”.

Propongo due riflessioni per i buoni cristiani – una sul Primo, una sul Secondo Testamento.

Riflessione 1: Quando Gianfranco Ravasi, raffinatissimo biblista, scrive:
Si noti che l'autore sacro (la tradizione cosiddetta “Sacerdotale” del VI secolo a.C.) non usa i due termini socio-psicologici 'ish (uomo) e 'ishshàh (donna), presenti e spiegati nell'altro racconto del capitolo 2 (v. 23), bensì quelli fisiologici di zakàr, che allude all'organo sessuale maschile (alla lettera: “puntuto”), e di neqebàh, che è il parallelo femminile (alla lettera: “forata”), facendo quindi esplicito riferimento alla sessualità maschile e femminile.
Dice che i termini della Bibbia ebraica ‘ish (uomo) ed ‘ishshàh (donna) sono “socio-psicologici” - ovvero alludono all’identità (psicologica) ed al ruolo (sociale) di genere dei componenti della prima coppia umana, e che gli autori biblici conoscevano già la differenza tra “genere” e “sesso” delle persone, tant’è vero che quando dovevano parlare proprio del sesso biologico, usavano appunto i termini zakar (maschio) e neqebah (femmina).

Quindi, il “genere” non è il grido di guerra di Satana, ma un concetto fondamentale anche per la teologia biblica (e la buona lingua ebraica, in ottima salute in Israele).

Riflessione 2: leggiamoci due brani evangelici, nella traduzione CEI riportata da http://www.maranatha.it/ – ricordando che, quando un discorso di Gesù viene riportato in due Vangeli distinti, gli esegeti hanno ben pochi dubbi sulla sua autenticità.
  • Matteo 10:11-15
[11] In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. 
[12] Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 
[13] Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi. 
[14] Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. 
[15] In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sòdoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città.
  • Luca 10:5-12
[5] In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa. 
[6] Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 
[7] Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa. 
[8] Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi, 
[9] curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio. 
[10] Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite: 
[11] Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino. 
[12] Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.
Questo discorso è retoricamente più efficace (e Gesù era un grande oratore!) se il peccato di Sodoma e Gomorra era una trasgressione sessuale, oppure il rifiutare l’ospitalità perfino agli inviati del Signore?

Gesù ed i suoi interlocutori erano convinti della seconda alternativa.

(fine)

Raffaele Ladu
Orgogliosamente ed umanisticamente ebreo
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale

I "reliquati" della propaganda nazista


Traduco l'articolo [1], che è abbastanza scioccante - anche per le ricadute sulle minoranze sessuali.

Raffaele Yona Ladu

Studio: la propaganda nazista ha lasciato nei bambini tedeschi un'impronta che dura per tutta la vita.


I ricercatori dicono che coloro che sono andati a scuola nel periodo nazista hanno ben maggiore possibilità di essere antisemiti, anche dopo che sono passati molti decenni.


Associated Press

Pubblicato il 16.06.2015 alle 10:22


La propaganda antisemitica ha avuto un effetto che dura per tutta la vita sui bambini tedeschi che sono andati a scuola nel periodo nazista, lasciandoli con ben maggiore probabilità di albergare opinioni negative sugli ebrei rispetto a coloro che sono nati prima o dopo, secondo uno studio pubblicato lunedì [15.06.2015].

I risultati indicano che i tentativi di influenzare gli atteggiamenti del pubblico sono efficaci soprattutto quando mirano ai giovani, specialmente se il messaggio conferma le credenze esistenti, dicono gli autori.

Dei ricercatori dagli USA e dalla Svizzera hanno esaminato delle indagini condotte nel 1996 e nel 2006, in cui si facevano agli interessati delle domande su diverse questioni, tra cui la loro opinione degli ebrei. Le indagini, note come le Ricerche Sociali Generali Tedesche, riflettevano le opinioni di 5.300 persone di 264 città e cittadine di tutta la Germania, consentendo ai ricercatori di apprezzare le differenze per età, genere, località.

Concentrandosi sugli intervistati che hanno espresso opinioni coerentemente negative sugli ebrei in diverse domande, i ricercatori hanno scoperto che quelli nati negli anni '30 avevano le opinioni più estremamente antisemitiche - anche decenni dopo la fine del dominio nazista.

"Non vuol dire solo che l'educazione nazista ha funzionato; vuol dire che se tu assoggetti le persone durante un regime totalitario nei loro anni formativi, ciò influenzerà il modo in cui opera la loro mente", ha detto Hans-Joachim Voth, dell'Università di Zurigo, uno degli autori dello studio.

"La cosa che colpisce è che [questo modo di pensare] dopo non se ne va".

Ma i membri del gruppo, sistematicamente indottrinato dal sistema scolastico nazista durante la dittatura di Adolf Hitler (1933-1945), ha mostrato anche evidenti differenze, a seconda che provenissero o meno da una zona in cui l'antisemitismo era già forte prima del nazismo. 

Per questo i ricercatori hanno confrontato l'indagine con i risultati delle elezioni, risalendo fino ai tardi anni '90 dell''800. Hanno scoperto che coloro che venivano da aree in cui i partiti antisemiti erano tradizionalmente forti avevano inoltre le opinioni più negative sugli ebrei.

"La misura in cui l'educazione nazista ha funzionato ha dipeso in modo cruciale sul se l'ambiente sociale in cui i bambini crescevano era già molto antisemita", dice Voth, "Ti dice che l'indottrinamento può funzionare, può durare per un tempo sorprendente, ma il modo in cui opera deve essere compatibile con qualcosa a cui la gente già crede".

Benjamin Ortmeyer, che conduce un centro di ricerca sull'educazione nazista all'Università Goethe di Francoforte, dice che le conclusioni dello studio sono "assolutamente plausibili".

"Il significato di questo tipo di propaganda non è stato veramente messo in luce", ha detto Ortmeyer, che non ha preso parte allo studio. "A confronto dei brutali misfatti dei massacratori nazisti, questo tipo di crimini, il lavaggio del cervello, è stato ampiamente ignorato".

Uno dei motivi, ha detto, è la difficoltà di far parlare i vecchi tedeschi della loro esperienza del periodo nazista. Mentre gli ebrei che sono sopravvissuti all'Olocausto rammentano vividamente le violenze verbali e fisiche subite a scuola per mano dei loro compagni, i tedeschi non ebrei perlopiù descrivono i loro anni di scuola come pacifici e divertenti.

Ortmeyer dice che gli educatori nazisti intrecciavano la propaganda semitica in ogni materia scolastica ed attività extrascolastica, dando perfino agli studenti dei "compiti" tra cui il cercare nei registri ecclesiastici i nomi delle famiglie ebree convertitesi di recente al cristianesimo. I risultati furono poi usati per redigere le liste degli ebrei da deportare nei campi di concentramento, facendo degli studenti complici involontari dell'Olocausto. 

C'erano alcune eccezioni, dice Ortmeyer, come la "Rosa Bianca" a Monaco ed i "Pirati della Stella Alpina" a Colonia - giovani gruppi di resistenza che si formarono ad onta della prevaricante propaganda nazista.

"Questi sono esempi importanti per i giovani d'oggi", dice.

Lo studio mostra inoltre che i tedeschi nati negli anni '20 avevano opinioni appena più antisemitiche di quelli nati negli anni '40 - anche se alcuni del gruppo dei più anziani dovrebbero essere andati a scuola durante il periodo nazista, mentre quelli del gruppo più giovane no. Gli autori suggeriscono che coloro che avevano opinioni estreme potrebbero non essere sopravvissuti alla guerra, vittime del loro entusiasmo per l'ideologia nazista. 

"Non possiamo provarlo, ma sembra probabile, a giudicare dalla struttura dei dati, che queste erano le classi che non furono chiamate alla leva, ma alla fine della guerra poterono arruolarsi volontariamente nelle Waffen SS. Ed ebbero un tasso di mortalità incredibilmente alto", dice Voth.

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