Una sfida a Massimo Gandolfini












Ieri, 7 Novembre 2014, si è tenuto alla Gran Guardia di Verona il dibattito [1], che devo dire era abbastanza squilibrato: gli eteronormativi avevano mandato due pesi massimi (il neurochirurgo Massimo Gandolfini ed il giurista Giancarlo Cerrelli), mentre le persone LGBT-friendly non si sono mostrate all'altezza della sfida.

Giancarlo Cerrelli ha detto cose che avrebbero meritato di finire in un video virale, che si possono riassumere così: la famiglia "tradizionale" merita dei privilegi perché può procreare, e per nessun altro motivo. Il fatto che due persone si vogliano bene non ha alcuna rilevanza per il diritto, perché il loro sentimento non si può misurare.

L'esperienza di qualsiasi persona mostra che i sentimenti si possono invece facilmente valutare, ed è molto semplice notare non solo che ci sono coppie omosessuali feconde e coppie eterosessuali sterili (in entrambe le circostanze, non solo per caso, ma anche per intenzione), ma anche che soltanto per il diritto canonico cattolico (non certo per il diritto civile italiano, né per quello ebraico [Nota 1]) il non desiderare figli è motivo di nullità del matrimonio - Cerrelli vorrebbe che il diritto civile italiano si uniformasse a quello canonico cattolico.

Inoltre, dire che lo scopo della famiglia è generare figli significa, dal punto di vista evolutivo, volere che l'umanità adotti una "strategia riproduttiva r" anziché una "strategia riproduttiva K": la strategia "r" significa "generare tanti figli anche tonti da mandare allo sbaraglio", la strategia "K" significa "generare pochi figli scaltri da formare al meglio".

Per le società che adottano la strategia "r", il genitore biologico sovrasta l'educatore, per le società a strategia "K", l'educatore conta moltissimo, perché il successo sociale (e riproduttivo) di un bambino dipende anche da lui.

E l'educatore, al contrario del genitore biologico, può essere chiunque se ne dimostri all'altezza. Rifiutare un educatore solo perché "queer" sarebbe, più ancora che discriminatorio, sciocco.

Ed adottare una "strategia r" significherebbe per la nostra specie proseguire (a causa dell'aumento del numero e della stupidità delle persone) sulla via dell'esaurimento delle risorse del pianeta. Come dice Deuteronomio 6:16: "Non tenterete il SIGNORE, il vostro Dio, come lo tentaste a Massa" (Nuova Riveduta), ovvero: "Non mettetevi in una situazione in cui solo un miracolo vi potrebbe salvare!"

Il modello di famiglia di Giancarlo Cerrelli è molto simile a quello fascista - e le sue vittime non sono solo le coppie omosessuali.

Gandolfini è riuscito ad irritarmi alquanto, anche se devo riconoscergli di essere una persona intelligente e colta, a causa della sua insistenza sull'"identità sessuata" che caratterizzerebbe ogni persona come maschio o femmina, irrevocabilmente.

Nella conferenza lui ha ripetuto i concetti espressi in [2] sul dimorfismo sessuale cerebrale, di per sé condivisibili, se solo si aggiungesse la precisazione che si trova in [3]: che i risultati di tutti gli esperimenti sullo studio delle differenze tra il cervello maschile e quello femminile riguardano la media degli uomini e delle donne, non i singoli uomini e le singole donne.

La differenza tra i cervelli maschili e femminili non è così evidente (anche se non incontrovertibile [Nota 2]) come quella tra gli organi sessuali maschili e quelli femminili - è molto più simile alla differenza di statura tra uomini e donne: la media degli uomini è più alta della media delle donne, ma ci sono donne altissime ed uomini bassissimi.

Negli anni '50 la psichiatra Evelyn Hooker fece un esperimento che ha rivoluzionato il modo di intendere l'omosessualità (e la bisessualità) in ambito medico-psichiatrico: sottopose sia degli eterosessuali che degli omosessuali ai test psicodiagnostici che usano i professionisti per diagnosticare le malattie psichiatriche, e mostrò i risultati, resi anonimi, ai suoi colleghi.

Nessuno di loro seppe distinguere gli eterosessuali dagli omosessuali - questo significava che non esiste una "sindrome" (complesso di sintomi o tratti) omosessuale riconoscibile, e non ha quindi senso trattare l'omosessualità come una malattia.

Io proporrei di imitare quest'esperimento: raccogliamo decine o centinaia di immagini TEP od RMN sia di maschi che di femmine, senza anomalie neurologiche o psichiatriche, le mescoliamo insieme, e chiediamo a Massimo Gandolfini ed altri suoi colleghi famosi ed eteronormativi di distinguere in mezzo ad esse i maschi dalle femmine. Loro passano la vita guardando queste immagini, dovrebbero capire a colpo d'occhio il genere del soggetto a cui sono state scattate.

Che io sappia l'esperimento non è mai stato tentato, e probabilmente perché gli stessi neurologi riconoscerebbero che sarebbe come voler riconoscere se una persona è un maschio od una femmina dalla statura: è difficile che una persona alta m 1,90 sia una femmina, ma non è impossibile, per cui è meglio non scommetterci.

Se non è possibile distinguere le TEP e le RMN maschili da quelle femminili, allora forse è meglio partire dal presupposto che l'attitudine a ricoprire ruoli sociali e genitoriali "maschili" o "femminili" è presente in ogni persona, in misura variabile, e che non è vero che l'avere un sesso biologico femminile renda inidonei a ricoprire ruoli "maschili", e viceversa.

Ed infatti l'Università israeliana Bar-Ilan ha pubblicato lo scorso maggio lo studio citato in [4], in cui si dà una prova evidente della plasticità neuronale degli esseri umani: i maschi che sono "caregiver primari" di infanti, in quanto li allevano insieme con il loro partner maschio, hanno un'attività cerebrale simile a quella delle donne "caregiver primarie" in quanto madri di infanti.

Questo è un prodotto dell'esperienza e della responsabilità che questi maschietti si sono assunti - ha torto quindi Massimo Gandolfini ad insistere che la natura umana rimane sempre uguale, e che preclude queste cose.

Le persone LGBT-friendly in sala hanno tentato di osservare quanto sia importante l'evoluzione culturale, oltre a quella biologica, nella specie umana (ed in altre specie animali - non si capirebbe altrimenti la differenza tra il lupo ed il cane) ma hanno citato Charles Darwin anziché Luigi Luca Cavalli-Sforza [5], molto più ferrato in materia.

Che ha fatto Gandolfini? Ha preso la palla al balzo per dire che Darwin riconosceva che il salto evolutivo tra i dinosauri ed i mammiferi era una cosa per lui inspiegabile - insinuava forse Gandolfini che questa lacuna dell'evoluzionismo darwiniano rendeva necessario postulare non la semplice esistenza di Dio, ma il teismo, ovvero l'interferenza di Dio nelle vicende di un mondo che pure, a più riprese, viene definito in Genesi 1 "buono" e "molto buono"?

Gramsci sconsigliava di far polemica in questo modo, ovvero di approfittare della debolezza dei propri avversari per schivare un confronto serio - ma a Gandolfini andava bene così.

Nel merito, i 155 anni dalla pubblicazione de "L'origine della specie" non sono passati invano, ed alla perplessità di Darwin avrebbero risposto Niles Eldredge e Stephen Jay Gould [6], con la loro teoria degli "equilibri punteggiati": se per gran parte della storia naturale l'evoluzione è stata assai graduale, non sono mancate (ed in 4.600 milioni di anni, l'età della Terra, un evento "raro" può ripetersi svariate volte) delle rotture che hanno portato all'improvvisa nascita di nuove specie.

Non c'è bisogno di scomodare l'Eterno ogni volta che nasce una specie nuova, quindi.

Gandolfini ha anche parlato dell'adozione, citando non solo la propria formazione religiosa e professionale, ma anche la propria esperienza di padre di sette figli adottivi.

Chapeau, ma anch'io sono padre adottivo a mio modo: ho sposato una donna che aveva già due figlie - che allora avevano 16 e 19 anni. Una grossa responsabilità, che penso di aver svolto in modo accettabile, e che mi permette di parlare di adozione per esperienza.

Le qualità di un genitore, sia biologico che adottivo, non sono legate al genere; i ruoli paterni e materni possono essere svolti da entrambi i genitori, a seconda dei casi, e vanno in ogni caso personalizzati, non interpretati con la rigidità di una coreografia.

Dire che un bambino ha bisogno di un padre ed una madre non vuol dire che ha bisogno di una persona di sesso maschile e di una di sesso femminile per genitori - vuol dire che ha bisogno di genitori che sappiano interpretare questi due ruoli.

Quindi ... escludere una coppia omosessuale dall'adozione, senza valutare le qualità dei suoi componenti, è pura discriminazione.

Mi ha infastidito anche un discorso che Gandolfini ha iniziato dicendo che l'omosessualità non è una malattia (lo ha detto anche Cerrelli), ma affermando che due sono le possibili vie d'uscita dal disagio che può provocare l'omosessualità: la terapia "affermativa" e quella "riparativa", e che bisogna consentire entrambe.

Intanto, è interessante notare che i sostenitori dell'eteronormatività vicini a me hanno cominciato a bofonchiare quando hanno sentito Gandolfini dire che l'omosessualità non è una malattia (evidentemente, in loro l'eteronormatività è già diventata omofobia); inoltre, Gandolfini non ha voluto giungere alle estreme conseguenze del suo ragionamento.

Intanto, la terapia "affermativa" e quella "riparativa" non sono equivalenti: la terapia "affermativa" non cura lo stress causato dall'omosessualità, ma quello causato dall'omofobia, esterna ed internalizzata.

La terapia "riparativa" invece parte dal presupposto che l'omosessualità sia una caratteristica che, pur non patologica, di per sé nuoce al completo benessere fisico, emotivo e sociale. Si configura quindi in analogia alla chirurgia estetica, che rimodella un corpo già sano per renderlo più idoneo a garantire il benessere della persona.

Purtroppo, esiste nella chirurgia estetica un lato oscuro, a cui ho già accennato in [7]: la rinoplastica (ricostruzione chirurgica del naso) ebbe un'enorme popolarità tra gli ebrei tedeschi del tardo 19° Secolo.

Essi avevano ormai ottenuto la parità dei diritti (nel 1871), e volevano assimilarsi, cioè non essere più riconoscibili come ebrei; sebbene fosse già ben chiaro che non esiste un "naso ebraico" (non avrebbero avuto bisogno gli antisemiti di inventare lo "sciamanno", ed i nazisti la "stella gialla", se ci fosse stato un aspetto inequivocabilmente ebraico), essi vollero cambiargli la forma, per non essere stigmatizzati a causa sua.

Un argomento che viene talvolta espresso dagli omofobi è che non si capisce perché si gioisce quando un transessuale transiziona, ma non quando un omosessuale intraprende una terapia riparativa; il confronto del transessuale d'oggi con l'ebreo del 19° Secolo è in questo illuminante.

L'ebreo che si faceva rifare il naso perché convinto così di non palesare più la propria appartenenza a quella che, in un soprassalto di antisemitismo interiorizzato, il genealogicamente ebreo e gay Marcel Proust avrebbe chiamato la "razza maledetta", sfuggiva all'antisemitismo, esterno ed interiorizzato, ammettendo che l'unica possibilità di vivere "normalmente" nella Germania che aveva dato i natali a Martin Lutero era quella di nascondere la propria ebraicità (se non di rinunciarvi - come fece ad esempio Heinrich Heine).

Il transessuale invece transiziona per affermare il diritto alla propria identità, perché il suo sesso corporeo esprima coerentemente la sua identità di genere. Ci vuole molto più coraggio per uscire dal ruolo di genere assegnato alla nascita che per adeguarsi alle aspettative della società, che preferisce i cisgender ai transgender, gli eterosessuali agli omosessuali ed ai bisessuali.

Chi si sottopone ad una terapia riparativa si comporta come l'ebreo assimilato, non come il transessuale orgoglioso. Ed i chirurghi plastici ora ritengono deontologicamente scorretto cambiare le caratteristiche "razziali" di un corpo. Lo stigma sociale non va sconfitto così.

Inoltre, le terapie riparative si sono dimostrate inefficaci e nocive (vedi [8]), e per questo sono vietate dagli ordini professionali di molti paesi del mondo.

Chi le pratica si pone nella posizione del chirurgo plastico che non avvertì la cliente che voleva una mastoplastica additiva (cioè farsi aumentare il seno) che l'intervento le avrebbe potuto procurare cicatrici deturpanti - poiché il lavoro della cliente (non meglio specificato) le imponeva di mostrare il seno nudo, l'intervento le rovinò la vita anziché migliorarla. Il medico fu condannato a risarcirla.

E nel New Jersey, come ho ricordato in [9], un'organizzazione ebraica che offriva terapie riparative, detta Jonah, è sotto processo per frode in commercio: ha promesso quello che era impossibile mantenere. Rischia di pagare il triplo dei danni accertati, tra i quali la zizzania seminata tra figli e genitori, in quanto ai primi era stato dato a bere che la loro omosessualità era stata causata dalle lacune educative dei secondi.

Complimenti al rispetto per il difficile mestiere di genitore dimostrato dai terapeuti riparatori!

Raffaele Yona Ladu
Dottore in Psicologia Generale e Sperimentale



[Nota 1]: Un lettore può aver visto il film Kadosh, di Amos Gitai, in cui una coppia di ebrei ultraortodossi viene obbligata al divorzio perché dopo 10 anni non hanno ancora avuto figli.

Il film, va detto, è stato diretto da quello che in Italia verrebbe detto un "mangiapreti", ed ha ignorato una cosa fondamentale riportata in [10]: è vero che esiste una norma ebraica che imporrebbe una cosa del genere, ma in realtà (non nella finzione cinematografica), se nessuno dei due vuol divorziare, nessuno si intromette, perché tutti gli ebrei sanno che è più importante l'integrità della coppia della riproduzione della specie. Come dice Genesi 2:18: "Non è bene che l’uomo sia solo".

Quella norma rimane perciò lettera morta, ed ora avete capito perché molti attivisti LGBT (da Magnus Hirschfeld a Mario Mieli, da Adrienne Rich a Judith Butler) erano ebrei.

[Nota 2]: Esistono le persone intersessuali, i cui genitali sono ambigui, od il cui aspetto esterno non corrisponde alla realtà cromosomica. Ne avevo parlato in [11].