Il sito noomofobia.it

[0a] http://noomofobia.it/

[0b] http://notransfobia.it/

[1] http://noomofobia.it/2013/05/omofobia/

[2] http://noomofobia.it/2013/05/transfobia/

[3a] http://noomofobia.it/2013/05/identita-sessuale/

[3b] http://fridabyron.org/

[4] http://noomofobia.it/2013/05/manuali-e-materiale/

[4a] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/Report-IO-SONO-IO-LAVORO.pdf

[4b] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/ARCIGAY_BullismoOmofobico_ManualeOperatori.pdf

[4c] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/ComingOut_it.pdf

[4d] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/OpuscoloUdsSessualita_web.pdf

[4e] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/Scuola_Arcobaleno_A5-2009.pdf

[4f] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/2008-Immigrazione-IO-Broqure-ITA.pdf

[4g] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/2008-Immigrazione-IO-Tracce-per-operatori1.pdf

[4h] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/2008-Immigrazione-IO-Tracce-per-volontari1.pdf

[4i] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/Arcigay-Report-omofobia-2011.pdf

[4j] http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/TravelForGay.pdf

I nomi di dominio [0a] e [0b] puntano in realtà al medesimo sito, redatto dall'Arcigay nazionale per combattere una meritoria battaglia contro omofobia e transfobia. Manca la bifobia, e questo mi ha indotto ad esaminare il sito per capire se è solo un problema terminologico.

Della bifobia si parla in [1], una pagina dal titolo "Omofobia e bifobia"; apprezzo che si sia riconosciuta l'esistenza del problema, e che anche le persone LGBT possono essere bifobiche, un po' meno il fatto che si siano dedicate pochissime righe ad un problema distinto e non meno complesso dell'omofobia.

Tra l'altro, una redazione più attenta avrebbe evitato una svista come questa:
Nel tempo la ripetuta esposizione della persona omosessuale o bisessuale a comportamenti omofobici produce un fenomeno chiamato: Omofobia interiorizzata: insieme di significati negativi riguardo all’omosessualità e alle persone omosessuali acquisito nel tempo e non rielaborato dagli stessi soggetti omosessuali.
Non c'è bisogno di essere omosessuali per essere vittime di omofobia (anche il bisessuale, se ritenuto omosessuale, può essere vittima di omofobia; ed un eterosessuale che si rifiuti di essere omofobo può fare la figura del "frocio" ed essere trattato di conseguenza), ma quella che può provare il bisessuale non è l'omofobia interiorizzata, bensì la bifobia interiorizzata, un fenomeno altrettanto penoso ma diverso.

Non trovo nulla da eccepire nelle definizioni di "transfobia" e "genderismo" che si trovano in [2]; più problematico è quello che si trova in [3a], che sembra tratto dal sito [3b], e che qui vi riporto:
Orientamento Affettivo - Amoroso - Sessuale 
È l’attrazione psichica, affettiva ed erotica verso persone del sesso opposto (eterosessualità), dello stesso sesso (omosessualità) o del sesso maschile e femminile (bisessualità) o di ogni persona indipendentemente dal loro sesso biologico o psicologico (pansessualità). In altre parole definisce l’oggetto del mio desiderio.
Il problema sta nell'uso di definizioni ormai datate di bisessualità e pansessualità: è vero che in  passato la differenza tra bisessualità e pansessualità era questa, e che la definizione di bisessualità adottata dal Gruppo Lieviti in passato era quella qui indicata, ma ormai il movimento bisessuale è cresciuto, si è reso conto che identificare sesso e genere, e soprattutto idolatrare i binarismi di corpo, genere e desiderio, non serve ad altro che a consolidare le strutture oppressive che incombono su tutti, ed ha ridefinito la bisessualità in modo da non cadere più in questa trappola.

Per vostra comodità (dovrò ricorrervi ancora in questo post), riporto la nostra definizione, ispirata a Robyn Ochs, ed adottata su suggerimento di Shiri Eisner:
Bisessuale è la persona che riconosce di essere potenzialmente attratta – romanticamente e/o sessualmente - dalle persone di più di un sesso e/o genere. Non necessariamente nello stesso momento, non necessariamente allo stesso modo, non necessariamente nello stesso grado.
Vi faccio grazia delle glosse ai "non necessariamente" - quello che conta è che così cerchiamo di evitare i binarismi di genere. Per quanto riguarda la "pansessualità", essa si trova ora costretta a ridefinirsi per non essere confusa con la "bisessualità", e credo che la soluzione migliore (anche se non eccellente) l'abbia trovata Shiri Eisner in questo suo post.

Per corroborare la meritoria campagna, gli autori del sito hanno creato la pagina [4], che è un indice al materiale prodotto dall'Arcigay sui problemi che incontrano le persone non eterosessuali.

Cominciamo dal documento che ci sembra più valido, [4a], il report finale di Io sono io lavoro, la prima indagine italiana sul lavoro e le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender/transessuali.

Il rapporto parla anche delle persone bisessuali, e giunge a conclusioni simili a quelle di report straneri, come Bisexual Invisibility: Impacts and Recommendations, The Bisexuality Report, Bisexual People in the Workplace: practical advice for employers, ovvero:

  • le persone bisessuali sono le meno propense al coming out, dentro e fuori dal lavoro;
  • le persone bisessuali sono più vessate sul lavoro delle persone omosessuali; c'è una significativa differenza di genere: le femmine bi sono meno vessate delle persone trans, ma i maschi bi si pongono a metà tra le donne trans (MtF - le persone più vessate in assoluto) ed i maschi trans (FtM);
  • le persone più discriminate appaiono le trans (maschi FtM e poi donne MtF), seguono i maschi bi, i maschi gay, le donne lesbiche e le donne bi - i maschi bisessuali si lamentano di essere meno socialmente accettati delle donne bisessuali, e questo dato sembra dare loro ragione;
  • costruendo un "indice sintetico della discriminazione", la palma dei più discriminati sembra andare ai maschi bisessuali, seguiti nell'ordine da maschi trans FtM, donne trans MtF, "altro", donne lesbiche, maschi gay, donne bisessuali - il che ricorda l'avvertimento che i bisessuali non sono tutti uguali;
  • le persone bisessuali sono le meno propense a denunciare episodi di discriminazione - le più propense sono le trans;
  • le persone bisessuali sono quelle più tentate di cambiare identità per evitare le discriminazioni - a dimostrazione che la pressione su di loro è particolarmente forte;
La cosa più triste del rapporto però è quello che riferisce degli "stakeholder", cioè di coloro che, pur non essendo direttamente coinvolti perché non sono lavoratori dipendenti a rischio discriminazione, hanno interesse a combatterla: sindacalisti, datori di lavoro, clinici, avvocati, attivisti LGBT, intellettuali, giornalisti, ecc.

Di essi si riferisce che più della metà degli intervistati si dimostra all'oscuro del fenomeno della discriminazione sul luogo di lavoro contro le persone LGBT, e dei modi possibili per contrastarla; dal punto di vista di Lieviti, è particolarmente spiacevole il fatto che le persone bisessuali vengano ritenute le meno discriminate, perché meno visibili.

La sezione precedente del rapporto Io sono io lavoro dimostra il contrario, e risultati analoghi li hanno i report stranieri citati; questa discrepanza ha un costo politico (perché non viene data ad un problema una priorità pari alla gravità percepita) ed umano (perché le persone bisessuali si sentono ulteriormente discriminate proprio da chi vorrebbe e dovrebbe fare qualcosa).

Il mio giudizio su questo rapporto è positivo, perché isola i problemi delle persone bisessuali, rilevandone un'importante articolazione interna, anziché confonderli con quelli delle persone omosessuali, ed individua un punto importante su cui agire.

Su altri documenti elencati il giudizio è meno positivo: [4b] parla di persone omo-bisessuali, rinunciando ad approfondire le importanti differenze tra omosessuali e bisessuali, e non distingue tra omofoba e bifobia - non si può combattere il bullismo bifobico con le stesse armi usate contro quello omofobico!

[4c] parla quasi esclusivamente di gay, e con [4b] condivide il difetto del dare una definizione datata e binarista della bisessualità.

[4d] è un manuale di educazione sessuale per giovanissimi, sembra utile e ben fatto, ma non è specifico per le persone LGBT, e dà una definizione datata e binarista della bisessualità, perdendo l'occasione di sfidare i binarismi su cui si basa l'eteronormatività.

[4e] è un'utile guida per gli studenti LGBT, ma anche qui si ricorre ad una definizione datata e binarista di bisessualità - peccato, perché per molte cose è una guida valida.

[4f] è un documento redatto in più lingue (io ho letto la versione italiana) sul diritto alla salute degli immigrati; considerato che nel caso della salute è il comportamento sessuale che conta, non l'identità sessuale, non sarebbe necessario insistere perché compaia la parola "bisessuale", ma quando uno legge:
Questa breve guida è rivolta prevalentemente a persone extracomunitarie presenti in Italia che sono gay, lesbiche e transessuali o, più in generale, che hanno rapporti con persone dello stesso sesso.
uno si chiede se è stata impartita una formazione specifica all'autore del brano per fargli scrivere una porcheria simile.

[4g] ha due vere e proprie perle. Luca Pietrantoni, dell'Università di Bologna, intitola un articolo "Accessibilità e fruibilità dei servizi da parte delle persone omo-bisessuali"; già riempie di perplessità che le persone omosessuali e bisessuali vengano così conglobate nel titolo, ma poi si scopre che l'articolo parla solo di omosessuali - l'autore i bisessuali li conosce solo per aver aperto il vocabolario.

Di bisessualità si parla in altri  punti della monografia, ma qui si registra un'occasione perduta:
Le diverse idee di omosessualità raccolte talvolta possono essere ascrivibili a differenze culturali, come nel caso di un intervistato Pakistano che solleva la questione della bisessuofobia di alcuni LGB italiani. 
– Cosa vorrebbe dalle associazioni/servizi LGB? Quali suggerimenti darebbe loro per dare risposte più adeguate alle persone migranti? 
– Innanzitutto che parlassero in altre lingue. Poi che siano più aperte ad altri modi di pensare. Ad esempio a me qualcuno ha detto che i bisex non esistono e che io sono per forza gay. Questo non è giusto. […] I In Pakistan non esistono i gay ma i bisex. Penso che adesso se tu hai internet puoi incontrare gay puoi avere idea di cosa significa gay. Ma non tutti hanno internet non è come qui. Là non c’è differenza tra gay e travestito. (ZPN, Pakistan) 
Casi di questo tipo, tuttavia nel campione raccolto sono isolati.
Qui mi pare che il pakistano abbia correttamente adoperato le categorie concettuali italiane per classificare la sessualità propria e dei suoi compatrioti - e che l'errore lo ha commesso l'italiano che ha preteso che lui scegliesse un'identità non bisessuale.

L'autore del brano avrebbe potuto e dovuto approfittare dell'occasione per denunciare un atteggiamento inaccettabile in ogni caso, anziché glissare dicendo "casi di questo tipo, tuttavia nel campione raccolto sono isolati". Non è vero, e ne riporto ampie prove anche qui.

[4h] Altra perla:
I seminari, come questo materiale, sono stati pensati per volontarie e volontari delle associazioni LGBT italiane per aprire una riflessione, nuova in Italia, sul grado di inclusività che le organizzazioni LGBT hanno verso persone che provengono da culture diverse da quella occidentale. Ha lo scopo di dare alcuni spunti sull'identità omo-bisessuale, su com'è vissuta da chi non condivide l'identità uomo-gay o donna-lesbica come si è strutturata negli ultimi decenni in Europa, di dare alcune informazioni sulle regole per la protezione internazionale e una panoramica sulla normativa antidiscriminazione.
 Il grassetto è nell'originale, ma il corsivo è mio, e segnala tre errori:

  1. È sbagliato parlare di identità omo-bisessuale - sono due identità distinte da non confondere;
  2. Non è vero che "l'identità [???] come si è strutturata negli ultimi decenni in Europa" prevede soltanto l'"uomo-gay" e la "donna-lesbica" - questa frase merita di essere incorniciata come esempio lampante di monosessismo!
  3. Il brano puzza di etnocentrismo ed insozza la parola "inclusività", che qui non viene usata per indicare una genuina apertura all'altro (perché allora cancellare le persone bisessuali? e non preoccuparsi nemmeno di dare una definizione plausibile delle varie identità sessuali "come si sono strutturate negli ultimi decenni in Europa"?), ma l'atteggiamento di condiscendenza di chi si ritiene superiore dal punto di vista morale e culturale a chi proviene da una civiltà arretrata - non c'è la disponibilità a mettere in discussione le proprie categorie culturali (perché non le si è nemmeno capite!) ed il proprio autocompiacimento.
Si ripete anche qui l'episodio del pakistano che riferisce di essere stato invitato a non definirsi bisessuale - e nemmeno qui se ne trae la lezione, ed ora sappiamo perché.

[4i] Qui la parola "bisex" viene citata una volta soltanto.

[4j] Questa è una guida turistica - non si parla di bisessuali.

C'è ancora molta strada da fare.

Raffaele Ladu