Omonormatività

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Sempre dalla tesi di Michele Breveglieri, estraiamo questo brano dalle pagine 29-31 [35-37 del PDF]:

(inizio)

[p. 29]

(...)

Come avrò modo di mostrare in modo più approfondito nel capitolo successivo, un particolare ruolo nella definizione dei confini [p. 30] dell’inclusione e dell’esclusione l’ha avuto, paradossalmente, proprio il movimento gay e lesbico con le sue politiche dell’identità. Se in un primo momento queste erano sembrate adatte alla costruzione di un nuovo mondo sociale dove poter vivere la propria differenza, in un secondo momento la riflessione e la pratica si spostò invece sulla critica a queste politiche, sospettate (quando non accusate) di colludere con la riproduzione di una struttura gerarchica e oppressiva tramite la costituzione e la normalizzazione di un soggetto omosessuale “conforme” e presentato come “alter ego” legittimato del soggetto eterosessuale e quindi, in ultima analisi, tramite la costruzione di nuovi confini di legittimazione e di esclusione sociale [Seidman 1997]. Obiettivo dell’accusa erano gli effetti perversi o voluti di queste politiche: 
  • la costruzione e la securizzazione di nuovi confini di legittimazione del campo delle sessualità e dei rapporti di genere, con la rinnovata riproduzione di una logica di esclusione sociale “in/out”, “normale/anormale”, la produzione di nuovi confini di invisibilità (concernenti non solo le bisessualità, ma anche tutte quelle sessualità non conformi – transgender, sadomasochismi, ecc. – e quindi non in grado di soddisfare criteri di “normalità” sessuale rivendicati dalle politiche dell’identità gay), la conseguente frammentazione identitaria del campo delle sessualità “non-conformi” rispetto al modello eterosessuale monogamico e l’indebolimento dello schieramento antiomofobico e “affermativo” tramite la riduzione della sua capacità coalizionale;
  • la riproduzione di un modello “gender-based” dell’orientamento sessuale che, oltre ad insistere sul primato del genere sulla strutturazione del desiderio, trasferisce lo schema binario del genere su uno schema binario della sessualità omo/etero, con la conseguente riproduzione della stretta connessione tra sessualità e genere e del relativo sistema di aspettative sociali circa ciò che si può prevedere dei comportamenti e dei desideri sessuali altrui (“se si è etero non si è [p. 31] gay e viceversa”, “se si è gay non si possono desiderare le donne, se si è etero non si possono desiderare gli uomini”, o altre proposizioni diffuse come “se si è gay si ha un animo femminile ed è per questo che si desiderano gli uomini”, ecc.).

Questo ripensamento storico sul ruolo delle politiche identitarie nella riproduzione di strutture e confini regolativi mette ovviamente in crisi il concetto di identità e in particolare l’uso dell’identità nella vita sociale. Quest’ultima, infatti, si fonda anche sulla possibilità di prevedere l’azione sociale e le stesse relazioni sociali si organizzano come un sistema di aspettative reciproche circa l’azione altrui. La reciprocità delle aspettative, però, ha per oggetto il senso intenzionato dell’azione e non può quindi prescindere da strutture di intelligibilità del senso atte a produrre “effetti d’ordine e di verità”, dunque di prevedibilità dell’azione. Il discorso oggi dominante dell’identità sessuale è appunto una di queste strutture di intelligibilità del senso [Butler 1999; Simon e Gagnon 1986]. Sembrerebbe essere proprio questo l’elemento storicamente nuovo della struttura gerarchica della sessualità: una specifica struttura di intelligibilità atta ad ancorare all’identità sessuale socialmente attribuita alla persona (in base alla sua supposta e insondabile “interiorità psichica e pre-sociale” descritta con il concetto di “orientamento sessuale”) la delimitazione del campo delle possibilità e la prevedibilità delle azioni e delle relazioni sessuali sulla base del genere. E’ in questo senso che l’identità sessuale come fenomeno storico potrebbe essere considerata anche uno strumento di controllo sociale atto a sostituire il più antico e fallibile sistema dei divieti “esterni” all’individuo e concernenti il suo “fare sessuale” con un più moderno ed efficace sistema di regolazione “interna” all’individuo in ragione della sua etero/auto-attribuita “essenza sessuale”.

(…)

[p.32]

(fine)

La pesante critica che viene riportata qui è la definizione del concetto di "omonormatività", parola abbastanza diffusa nel discorso bisessuale e radical queer all'estero, ma che Michele Breveglieri ha preferito non usare.

Raffaele Ladu