Figure della liminalità


L’attuale Segretario Nazionale dell’Arcigay, nonché celebrante del matrimonio tra me e mia moglie, Michele Breveglieri, ha conseguito il Dottorato in Sociologia all’Università di Padova nel 2007 con la tesi che potete leggere in [0], dal titolo Sessualità , liminalità  e "lavoro di confine": il caso dell'esperienza bisessuale.

Molte persone si chiedono che possono avere in comune uno “straight-identified white cis male = maschio bianco cisgender ad identificazione etero” ed una “bisexual-identified white cis female = femmina bianca cisgender ad identificazione bisessuale”, ed un brano della tesi, a pagina 33 (la 39^ del PDF), lo spiega meglio di come potrei farlo io:
Gherardi e Bruni propongono di utilizzare la “doppia presenza” [Balbo 1979] come categoria dell’attraversamento, ovvero «della presenza simbolica in territori liminali di significazione e risignificazione dove i confini tra universi simbolici diventano fluidi, negoziabili, intersecabili» [Gherardi e Bruni 2002: 25]. La postmodernità, allora, non produce solo figure della crisi (i vari collezionisti di esperienze e di emozioni), ma anche figure dell’attraversamento, soggetti che sono simultaneamente dentro e fuori, posizionati ai confini tra culture e quindi impegnati nella risignificazione degli stessi: l’eccentrico [De Lauretis 1999], l’ironico [Rorty 1989], il nomade [Braidotti 1994], il cyborg [Haraway 1991], il mestiza [Anzaldùa 1987], l’ibrido [Bhabha 1994]. Queste figure abitano territori liminali e sono impegnati nella gestione della “doppia presenza”, delimitano spazi in cui avvengono l’ibridazione e la “traduzione” dei mondi, in cui si producono tanto il cambiamento quanto la resistenza tramite la gestione mai risolta (ma solo tendente a creare eventuali nuove forme) delle contraddizioni, dei paradossi, delle tensioni e delle opposizioni. 
(i riferimenti bibliografici li trovate in [0])
Considerazioni analoghe le fa Shiri Eisner nel suo libro, anche se la sua bibliografia è meno nutrita, e cita soltanto il cyborg ed il mestiza. La bisessualità non è dunque solo un’identità sessuale, ma la traduzione in campo erotico dell’abitare territori di confine, del farsi frontiera tra più mondi (ricordo che le definizioni contemporanee di bisessuale rifiutano il binarismo dei generi), dell’essere col*i che li ibrida e li traduce.

Eroticamente, non sono bisessuale (lo ammetto, qualche pensierino su persone del mio genere l’ho fatto, ma mi paiono cose troppo poco importanti per giustificare un’identificazione bisessuale anziché eterosessuale); però ho sempre amato pormi alla frontiera tra più culture e mediare tra loro.

Odio i nazionalismi, mi sono occupato in passato anche di dialogo ecumenico ed interreligioso, amo la musica fusion e la cucina esotica, ho cercato di studiare lingue abbastanza lontane dalla mia come l’ebraico, l’arabo, lo yiddish ed il cinese, preferisco l’interculturalità al multiculturalismo (il multiculturalismo concepisce le culture come reciprocamente impermeabili, e che tra loro possono avere rapporti solo “da potenza a potenza”; l’interculturalità riconosce che tutte le culture si evolvono intrecciandosi reciprocamente, e che ogni individuo è chiamato alla sintesi personale delle influenze culturali che riceve o ricerca), ritengo le idee di superiorità culturale una grande stupidaggine – e noto che la salute di una cultura viene misurata invece dalla capacità di accogliere idee nuove dall’esterno.

Ritengo gli immigranti una risorsa e non un problema (gli economisti sanno da decenni che loro non portano via il lavoro a nessuno, anzi, lo creano), e la loro cultura da valorizzare ed ibridare con quella italiana: rimpiango di non conoscere l'arabo e l'ebraico abbastanza per leggere in originale il poeta siciliano Ibn Hamdis ed i rabbini Obadiah di Bertinoro, Mosè di Trani, Sforno, ...

Nel mio passato c’è una mancata conversione all’ebraismo (riformato), e della cultura ebraica continuo ad ammirare l’essere stata per molto tempo obbligata a porsi alla frontiera tra le altre culture – l’esempio classico è il modo in cui la famiglia ebraica provenzale Ibn Tibbon ha tradotto tra il 1100 ed il 1300 numerose opere filosofiche significative (di Aristotele, Al-Farabi, Maimonide, ecc.) dall’arabo in ebraico e latino, ma molti studiosi ebrei continuano a svolgere questo prezioso lavoro.

La lingua esperanto (l’avevo anche studiata) fu inventata dal medico ebreo (riformato) Ludwik Lazar Zamenhof, e fu concepita proprio come lingua veicolare, ovvero per favorire gli scambi internazionali ed interculturali, non per diventare il patrimonio privato di un singolo popolo – una lingua di frontiera e non nazionale - ed una delle organizzazioni esperantiste che ho ammirato di più è la Sennacieca Asocio Tutmonda (Associazione Non-nazionale Mondiale), un'associazione radicale di sinistra con sede a Parigi che rifiuta totalmente il nazionalismo.

L’esperanto ha avuto un successo assai limitato, ma l’esperienza fatta con esso e con la lingua yiddish ha consentito di far rinascere la lingua ebraica, la quale ha dovuto accogliere molte parole straniere (come innesti o calchi) per adeguarsi al mondo moderno – ed alla realtà di un paese composto soprattutto da immigranti di oltre 104 paesi, che hanno dovuto usare questa lingua per entrare in rapporto tra loro.

Avere un’identità bisessuale vuol dire vivere alla frontiera – in ambiti diversi, questo facciamo io e mia moglie. E di solito le persone bifobiche sono chiuse anche verso gli immigrati e coloro che non rientrano nella loro ristretta visione del mondo.

Raffaele Ladu